ROMA – Non solo hot dogs e salsicce che, diciamolo, abbiamo sempre saputo non fossero esattamente abitudini salutari. Nella “lista nera” dell’Oms sui cibi a rischio cancro figurano anche eccellenze gastronomiche italiane come bresaola e prosciutto, o affettati di pollo e tacchino, la carne in scatola. Ovvero cibi che fino a ieri molti di noi consideravano salutari e light, ideali per la dieta e comodi da portare in ufficio per la pausa pranzo o per un secondo veloce. Affettati che per queste caratteristiche figurano quindi spesso sulle nostre tavole e scrivanie.
Da oggi, quindi, questa abitudine va cambiata, secondo l’Oms. A rendere queste cibi “pericolosi” è l’uso della carne (rossa quella incriminata) ma soprattutto delle sostanze usate per la lavorazione, l’affumicatura, i conservanti, il sale. Per dirla con le parole dell’organizzazione mondiale della sanità “le carni lavorate includono le carni che sono state trasformate attraverso processi di salatura, polimerizzazione fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione”.
Mangiare questi cibi tutti i giorni o comunque molto spesso non è una buona abitudine. Parliamo degli americani hot dogs ma anche della carne in scatola, così come le più nostrane salsicce, bresaola, affettato di tacchino/pollo, salame, lonza, coppa, mortadella, wurstel: tutti inseriti nel gruppo 1 per rischio cancerogeno, a pericolosità più alta, come il fumo e il benzene.
Meno a rischio invece, secondo lo studio, le carni rosse non lavorate, inserite fra le “probabilmente cancerogene”. Questa categoria, spiega l’Oms, ”si riferisce a tutti i tipi di carne di muscolo di mammifero, come ad esempio manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra”. Mentre le carni di qualsiasi specie che vengono semplicemente macinate prima di essere vendute al consumatore, benché con aggiunta di sale o pangrattato (es. hamburger) non sono carni trasformate; vengono bensì definite “preparazioni di carni”, precisa Assocarni.
Secondo i dati statistici gli italiani possono stare abbastanza tranquilli: secondo Assocarni e Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi), mangiamo in media due volte la settimana 100 grammi di carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata. Un consumo, ricorda l’industria alimentare, che è meno della metà dei quantitativi individuati come potenzialmente a rischio cancerogeno dallo studio.
Il consumo di carne degli italiani, osserva Coldiretti, con 78 chili a testa, è ben al di sotto degli Stati Uniti (125 chili pro-capite, o degli australiani con 120 chili, ma anche dei francesi con 87 chili a testa.
Ma nonostante queste “buone notizie” bisognerà cambiare qualche abitudine, sperando che uno studio non ci dica che anche il tonno in scatola e il salmone affumicato sono pericolosi: a quel punto cosa mangeremo in ufficio?