Cancro, il prezzo di tre mesi di vita. I costi altissimi dei farmaci

Cancro, il prezzo di tre mesi di vita. I costi altissimi dei farmaci
Cancro, il prezzo di tre mesi di vita. I costi altissimi dei farmaci

ROMA – Cancro, il prezzo di tre mesi di vita. I costi altissimi dei farmaci. Se nei primi anni 2000 negli Stati Uniti un anno di trattamento con un farmaco oncologico costava, in media, meno di 10mila dollari a paziente, oggi il costo è decuplicato. In Europa la tendenza è la stessa. E allora c’è chi si domanda se il rapporto costi-benefici sia vantaggioso per lo Stato che paga quei trattamenti.

Luigi Ripamonti sul Corriere della Sera ricorda il caso del Sofobuvir, farmaco contro l’epatite C che costa anche 40mila euro. Ma se in questo caso la cura del paziente solleva poi il Servizio sanitario nazionale da ulteriori spese per i trattamenti futuri, nel caso dei farmaci oncologici per pazienti terminali il vantaggio, a livello economico, è inferiore.

“È un problema reale commenta al Corriere della Sera Gianpiero Fasola, presidente del Cipomo (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) e direttore del Dipartimento di oncologia dell’ospedale universitario di Udine, visto che nel primo semestre del 2014 la spesa farmaceutica ospedaliera ha già sforato il tetto previsto di ben 747,7 milioni di euro, e gran parte di tale spesa è dovuta ai farmaci oncologici. Eppure, paradossalmente, assistiamo a un razionamento di fatto di medicinali innovativi in oncologia, perché, visti gli alti costi, arrivano in ritardo rispetto ad altri Paesi, mentre continuiamo a mantenere in regime di rimborso da parte del Ssn farmaci con rapporto costo-efficacia molto incerto”.

Spesso i farmaci oncologici allungano la vita ma non ne migliorano la qualità.

“Se una terapia aggiunge pochi giorni e magari neppure vissuti bene, c’è da chiedersi se si tratti, talvolta, di una sorta di “accanimento terapeutico”, e se lo Stato non farebbe meglio a investire gli stessi soldi in altri settori della sanità”, dice Silvio Garattini, direttore dell’Istituto farmacologico Mario Negri, di Milano.

Anche senza arrivare a casi limite, con questi farmaci in molti casi si ottengono due-tre mesi in più di sopravvivenza. Eppure ci sono medici, come Carmine Pinto, presidente dell’Aiom (Associazione Italiana Oncologi Medici), che spiegano che 

“un mese di vita o tre non hanno lo stesso significato per ogni patologia e per ogni situazione. Un farmaco di prima linea che aumenta di un mese o tre mesi la sopravvivenza per il carcinoma della mammella (per il quale i dati di sopravvivenza sono già molto buoni, ndr) non dà un vantaggio significativo, ma se aumenta di due mesi la sopravvivenza in un sarcoma per l’aspettativa di vita è molto breve, è diverso”.

Allo studio ci sono due diversi possibili modi per limitare la spesa sanitaria per i farmaci oncologici: l’istituzione di appositi registri che monitorino l’efficacia reale del farmaco nel tempo e l’adozione di meccanismi di rimborso al Servizio Sanitario da parte dell’azienda produttrice in caso di fallimento totale o parziale della terapia. In ogni caso, sostiene Fasola,

“Gli strumenti realizzati dall’Aifa sono utilissimi, però le Istituzioni dovrebbero anche stabilire un limite sostenibile di costi per anno per ogni nuova terapia oncologica da introdurre nel sistema e, tenendo quella cifra come riferimento, fare le negoziazioni per il rimborso”.

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