ROMA – Cellule staminali e “metodo Stamina”: sono una cura miracolosa, il futuro della medicina, sono un rischio, una truffa non sperimentata? Molto se ne parla in questi giorni in cui il ministro della Sanità Renato Balduzzi ha firmato un decreto legge in cui si autorizza “in via eccezionale” la prosecuzione delle cure già avviate, anche se “non conformi alla normativa vigente”. Prima erano arrivate le sentenze dei giudici, che avevano detto sì ai casi dei piccoli Federico, Sofia, Smeralda e Celeste. Poi è arrivato il ministro del governo Monti, che si è appellato al principio etico “per cui un trattamento sanitario già avviato che non abbia dato gravi effetti collaterali non deve essere interrotto”.
L’altro concetto è quello delle “cure compassionevoli“, fatte su pazienti che non avrebbero altra speranza. Introdotto dal decreto Turco del 2006 e reiterato da Fazio nel 2008, non riguarda solo il “metodo Stamina” ma tutto un settore di terapie di efficacia non provata secondo le autorità scientifiche nazionali, somministrate ad alcuni bambini con malattie rare solo in base a ordinanze e sentenze di tribunali italiani.
Poi è intervenuto il Senato, che ha stralciato la norma sulle staminali dal decreto Balduzzi, non ravvisandone i requisiti di necessità e di urgenza. Ci vorrà una legge ad hoc. Ma intanto nessuno sospenderà le cure per Sofia e gli altri bimbi.
Il Corriere della Sera ha dedicato un intero dossier sulle cellule staminali e il “metodo Stamina”, intervistando anche in un forum il fondatore di Stamina Foundation Davide Vannoni. Incrociando il lavoro del Corriere con la vasta documentazione presente sull’argomento, abbiamo sintetizzato la questione staminali in domande, risposte e parole chiave.
Cosa sono le cellule staminali – Sono chiamate staminali tipi di cellule molto diverse fra loro. Il loro minimo comun denominatore sono due caratteristiche. La prima: sono in grado di moltiplicarsi quasi all’infinito. Le altre cellule dell’organismo, dopo che si sono divise un certo numero di volte, non sono più capaci di riprodursi. La seconda caratteristica comune a tutte le staminali: sono in grado di evolversi in tipi cellulari molto diversi fra loro, a differenza delle cellule mature come i neuroni o i globuli rossi, che hanno un aspetto definito e delle funzioni circoscritte in un ambito preciso. Le staminali si dividono in:
Staminali totipotenti. Sono capaci di “creare” un organismo intero, generando cellule nervose, dei muscoli, delle ossa, del sangue e anche tessuti extraembrionali come la placenta. Le totipotenti si ottengono dalle primissime divisioni della cellula nata dall’unione di spermatozoo e cellula uovo. Infatti, se questo primo ammasso di cellule – l’origine dell’origine della vita – si divide in due parti, possono nascere due gemelli identici, detti in genetica “omozigoti”. Dopo pochi giorni di sviluppo, alla terza-quarta divisione quel grumo di cellule forma una morula, detta così perché sembra una piccola mora, costituita da circa sedici cellule. Nel passaggio alla fase-morula la “totipotenza” della cellula si perde: quello che si può ottenere sono solo cellule staminali embrionali, dette pluripotenti.
Staminali pluripotenti. A differenza delle totipotenti, possono evolversi in qualsiasi tipo di cellula tranne che quelle che formano i tessuti extraembrionali come la placenta. Dalle pluripotenti si possono generare cellule della pelle (tissutali), del sangue (ematopoietiche), dei muscoli e delle ossa. Una volta impiantate nell’utero, le pluripotenti si “specializzano” e diventano multipotenti.
Staminali multipotenti. Possono generare più tipi di cellule, ma all’interno di un range più ristretto. Le multipotenti si trovano fra le cellule più interne della morula, che formano l’embrioblasto (germe dell’embrione): questo darà vita all’embrione vero e proprio e poi al feto. A partire dall’ottavo giorno dal concepimento, l’embrioblasto assume l’aspetto di un disco nel quale si possono distinguere tre strati diversi di cellule, i cosiddetti “foglietti germinativi”. Si dividono in tre tipi:
L’endoderma che genera: intestino, sistema respiratorio, fegato e altri tessuti.
Il mesoderma che genera: cellule del sangue, vasi sanguigni, cuore e altri tessuti.
L’ectoderma che genera: sistema nervoso centrale, pelle.
Le cellule dei foglietti germinativi quindi non possono dar vita a tutti i tessuti di un organismo, ma possono differenziarsi solo all’interno di uno dei tre strati germinali che costituiscono la matrice embrionale di tutte le cellule del corpo.
Staminali unipotenti. Una volta che l’organismo ha completato la sua fase di sviluppo, rimangono solo cellule staminali unipotenti (o staminali adulte o staminali tessuto specifiche), dette così perché servono a rigenerare un singolo specifico componente dell’organismo. Gli epatociti, ad esempio, sono cellule unipotenti che contribuiscono a “rinnovare” il fegato, organo che finché è sano si rigenera. Così come la pelle, le unghie, i bulbi piliferi, il sangue. E in misura minore il cuore e il cervello.
Staminali mesenchimali. Le cellule staminali mesenchimali (contenute nello stroma del midollo) sono disposte in schiere attorno al seno centrale del midollo osseo. Sono cellule multipotenti che hanno la capacità di differenziarsi sia in vivo che in vitro in osteoblasti, condrociti, miociti, e molti altri tipi di cellule. Esse fungono anche da cellule “portinaie” del midollo osseo. Nel “metodo Stamina”, però, le cellule mesenchimali, che potrebbero rigenerare solo ossa o cartilagini, sono usate per curare le malattie neurodegenerative.
Staminali pluripotenti indotte (Ips). Sono cellule adulte, “mature”, quindi multipotenti o più spesso unipotenti, indotte in laboratorio a ritornare allo stadio di pluripotenti. Le Ips sono state scoperte dal britannico John Gurdon e dal giapponese Shinya Yamanaka, che per questo hanno vinto il Premio Nobel nel 2012. Con le pluripotenti indotte si potrebbero eludere i problemi etici ottenendo cellule con le stesse potenzialità di quelle embrionali. Inoltre con le Ips, prelevate dallo stesso paziente che dovrà essere curato, non si corre il rischio di rigetto.
Chi c’è dietro il “metodo Stamina”? Quando parliamo di “metodo Stamina” intendiamo quello portato avanti dalla Stamina Foundation – quartier generale a Torino – di Davide Vannoni e Marino Andolina. Vannoni è torinese e ha 46 anni. Professore di Psicologia ad Udine, è un cognitivista appassionato di neuroscienze. Andolina ha 67 anni. Immunologo-pediatra, dirige il reparto trapianti dell’ospedale Burlo-Garofolo di Trieste. È stato il primo italiano, nel 1984, a eseguire trapianti di midollo. È stato medico volontario in zone di guerra.
Quanti sono i malati curati col “metodo Stamina”? La Stamina Foundation è attiva dal 2009 e ha curato 65 pazienti. Ma Vannoni e Andolina sostengono di aver ricevuto più di 10 mila richieste. Alcuni depliant, ora acquisiti dalla Procura di Torino, che indaga sul “metodo Stamina”, parlavano di oltre mille casi trattati, con percentuali di recupero dal 70 al 100%. All’ospedale di Trieste “Burlo Garofolo”, dove fino al 2011 ha lavorato Andolina, è stata condotta una ricerca su cinque bambini curati con le staminali mesenchimali, pubblicata poi nel dicembre 2012 sulla rivista scientifica Neuromuscolar Disorders: i bimbi, dai 3 ai 20 mesi, non hanno avuto effetti positivi dalla cura. Due su cinque sono morti.
In cosa consiste e quanto costa una cura col “metodo Stamina”? Un trattamento, che consiste in un prelievo di cellule staminali dal midollo del paziente, la moltiplicazione delle stesse in laboratorio e la somministrazione, 15-20 giorni dopo il prelievo, delle staminali moltiplicate in tre sedute, con altrettante punture lombari. Calcolando che un trattamento costa dai 20 ai 30 mila euro e una singola puntura 7 mila, si spendono dai 41 ai 51 mila euro. Queste sono le informazioni raccolte da Adriana Bazzi del Corriere della Sera.
Marino Andolina racconta come funziona il “metodo Stamina”. Intervistato da Ruggiero Corcella del Corriere della Sera, Andolina ha spiegato:
“Ci sono una serie di punti. Il prelievo non è di midollo liquido, molto più ricco di cellule emopoietiche, ma una “carota” ossea, cioè una biopsia: quindi è stroma. I tempi di coltura: più brevi, 15-20 giorni, per evitare anche il teorico, modestissimo, rischio che le cellule si avvicinino alla maturazione in cartilagine-osso, che è la cosa che sanno fare meglio. La composizione del terreno di coltura viene adeguata in funzione di come si formano le colonie di cellule. Le cellule vengono “staccate” e congelate in vapori di azoto liquido. Altro punto importante è la differenziazione verso la linea neurale, dopo lo scongelamento delle cellule: una differenziazione brevissima, grazie alla quale iniettiamo cellule che hanno caratteristiche sia neurologiche che ancora staminali. Noi manteniamo la “staminalità” in cellule che sono indirizzate verso linee neurali, perché così passano la barriera ematoencefalica, mentre le cellule mature non passano. Vengono effettuate due infusioni a ciclo, una per via endovenosa di cellule staminali mesenchimali e la seconda per via intrarachide con cellule staminali differenziate in senso neuronale. Il trattamento prevede 5 cicli, a distanza di almeno 30 giorni uno dall’altro a seconda dello stato immunologico del paziente. E, infine, il know-how importante non è quello scritto, ma l’esperienza della persona che prepara le cellule”.
Quali malattie sono state curate (o meglio tentate di curare) col “metodo Stamina”? Atrofia muscolare spinale o Sma, Sindrome di Niemann-Pick, Leucodistrofia metacromatica, Morbo di Krabbe, Paralisi cerebrale da asfissia al momento della nascita. Sono tutte malattie dei bambini e neurodegenerative. Ma negli atti dell’inchiesta della procura di Torino (vedi paragrafo sotto), si afferma che la cura è stata proposta anche a malati di Parkinson, Sla, sclerosi multipla, pazienti con lesioni spinali, ictus, tumori.
Come è nato il “metodo Stamina“? Tutto ebbe inizio con due russi, che Vannoni conobbe nel 2005 (o nel 2004, ci sono versioni discordanti) in Ucraina: Vyacheslav Klymenko, 71 anni, ed Elena Shchegelskaya lavoravano all’Università Karazin di Kharkov. Lui insegnava biologia, lei era direttrice di un laboratorio di biotecnologia. La coppia avrebbe guarito Vannoni da una paresi facciale con un trapianto di staminali. Sono loro, infatti, i “creatori” del metodo di trattamento delle cellule staminali mesenchimali che è stato poi sviluppato in Italia. Vannoni porta i due russi in Italia per fondare insieme a loro la Re-Gene srl, società di ricerca e sviluppo di biotecnologie. Klymenko e Shchegelskaya iniziano a lavorare al progetto solo nel 2007. Che però stenta a decollare. I due russi tornano in Ucraina nel 2009. Da allora si sono perse le loro tracce.
Come è nata la Stamina Foundation? Nel frattempo Vannoni aveva fondato la Cognition, la Re-Wind Biotech e la Stem Cell Foundation: tutte e tre hanno sede in via Giolitti 41 a Torino. Ma la Stem Cell è stata costituita a San Marino. Tutte le società risultano ancora attive, però la più “famosa” è la Stamina Foundation Onlus, “senza fini di lucro”, nata nel 2009, “per sostenere la ricerca sul trapianto di cellule staminali mesenchimali e diffondere in Italia la cultura della medicina rigenerativa”, si legge sul sito www.staminafoundation.org.
L’inchiesta della Procura di Torino. Perché e per cosa sono indagati Vannoni e la Stamina Foundation. A Davide Vannoni e altri 11 indagati sono contestati dalla Procura di Torino guidata da Raffaele Guariniello reati come associazione a delinquere, truffa, somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica. Le indagini, iniziate nel giugno 2009, si sono concluse nell’agosto 2012. Sono stati sequestrati depliant in cui si prometteva un alta percentuale di successo e filmati divulgativi – un ballerino russo, immobilizzato da una malattia neurologica, tornato a danzare dopo la cura. Sono stati sentiti testimoni, tra ex dipendenti delle società di Vannoni e pazienti, e acquisiti i bonifici pagati come “donazioni” alla Stamina Foundation. Che proponeva la cura con le staminali mesenchimali a malati di Parkinson, Sla, sclerosi multipla, pazienti con lesioni spinali, ictus, tumori. A bambini con patologie rare.
I rischi e i pericoli del “metodo Stamina”. Scrive Roberta Villa sul Corriere: “C’è […] il timore che l’alta capacità proliferativa di queste cellule sfugga al controllo e possa produrre tumori, tanto che molti ricercatori si sono convinti che siano proprio cellule staminali ad alimentare il cancro. Ma questa è tutta un’altra storia, in cui queste cellule della speranza, da possibili strumenti di cura, diventano potenziali bersagli delle terapie”. Sempre il Corriere ha intervistato Massimo Dominici, uno dei più autorevoli esperti di biologia delle cellule staminali in Italia. È stato lui a scrivere la relazione ministeriale sul metodo Stamina, così sintetizzata:
“Il metodo Stamina è pericoloso per la salute perché a volte ai pazienti è inoculato materiale biologico prelevato dallo stesso malato. Ma altre volte vengono iniettate cellule prelevate da terze persone, con il rischio di contagio batterico e virale che ciò comporta. Le metodologie di preparazione dei preparati sono grossolane, con errori marchiani, e del tutto fuorilegge. I laboratori sono in luoghi non adatti. Sui vasetti che conservano i tessuti prelevati ci sono etichette scritte a matita, per lo più incomprensibili.
Quelli di Stamina, poi, hanno detto che con le loro cellule vogliono fare alcune cose, in realtà quelle cellule possono avere effetti collaterali imprevisti. Hanno fatto confusione con i brevetti e non hanno mai pubblicato un risultato delle loro ricerche nelle pubblicazioni scientifiche”.
La mappa delle Cell Factory, le “fabbriche delle staminali”, in Italia. Tredici sono le Cell Factory autorizzate dall’Aifa in Italia: Areta International, Gerenzano (Varese); Azienda Ospedaliera San Gerardo – Laboratorio Stefano Verri, Monza; Istituto neurologico Carlo Besta – Unità produttiva terapie cellulari, Milano; Ospedale Maggiore Policlinico – Cell Factory, Milano; Moimed Spa, Milano; Ospedale Niguarda Ca’ Granda – Centro di riferimento regionale per la coltura dell’epidermide umana in vitro e banca crioconservazione tessuti, Milano; Ospedali Riuniti di Bergamo – Laboratorio Terapia cellulare e genica, Bergamo; Fidia Advanced Biopolymers srl, Abano Terme (Padova); Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Modena; Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna; Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori, Meldola (Forlì-Cesena); Ospedale Santa Maria di Terni – Cell Factory, Terni; FaBioCell Istituto Superiore di Sanità, Roma.
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