ROMA – In sala operatoria, come su un set cinematografico, non sempre è buona la prima. Può infatti capitare che i risultati raggiunti con un’operazione di chirurgia estetica non soddisfino le aspettative o che insorga qualche complicazione. Succede il 16% delle volte solo che il rientro in sala operatoria è di gran lunga più traumatico di un secondo ciak.
Secondo un’indagine condotta dall‘Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe), nel 2013 gli interventi secondari, eseguiti per rimediare a precedente ritocco, sono stati il 16% di quelli eseguiti a scopo estetico, pari a 37.884 interventi.
Solo nel 31,1% dei casi i pazienti si sono affidati allo stesso chirurgo che li ha operati la prima volta. Mentre la maggioranza, il 68,9%, ha preferito optare per un altro medico.
Per informare correttamente i pazienti ed evitare spiacevoli sorprese o disillusioni, l’Aicpe ha perciò messo a punto una sorta di vademecum.
Il primo consiglio sottolinea l’importanza del consenso informato. Il presidente di Aicpe, Mario Pelle Ceravolo, spiega:
“Un consenso che spieghi esaustivamente i rischi di ogni intervento è una testimonianza di serietà da parte del chirurgo. Spesso la delusione è la conseguenza più di un fraintendimento tra le parti che di incapacità tecnica o di errori chirurgici”.
Il secondo consiglio, in caso di richiesta di risarcimento è di evitare finire in Tribunale poiché di solito è svantaggioso per entrambe le parti. Per i pazienti non soddisfatti poi la prima opzione è farsi rioperare dallo stesso medico:
“Di solito è lo stesso chirurgo plastico a proporre un secondo intervento correttivo, generalmente a condizioni economicamente più vantaggiose di quanto farebbe un nuovo chirurgo” evidenzia Pelle Ceravolo.
“Se si decide però di non ricorrere allo stesso medico, è bene scegliere un professionista di maggiore esperienza, accertandosi sulla sua capacità nel gestire casi già operati, con il quale creare un nuovo rapporto di sincerità e fiducia.
E’ sempre consigliabile, infine,
“che il paziente autorizzi il secondo operatore a entrare in contatto con il primo, per avere informazioni che il paziente potrebbe non conoscere”.