ROMA – Coronavirus, il più del contagio arriva dagli asintomatici. In parte è una ovvietà: l’asintomatico, l’individuo senza sintomi che non sa e non sospetta di ospitare nel suo organismo un virus, ovviamente conduce una vita normale, normali relazioni, normali contatti…O meglio, conduceva una vita normale prima del tutti a casa. Accade con tutti i virus, gli asintomatici possono essere e sono il miglior veicolo di contagio, nessuno li ferma, nessuno si guarda da loro, tanto meno nessuno li isola.
Il problema nuovo che presenta coronavirus, quello che porta la questione degli asintomatici fuori dall’ovvietà e ben oltre l’ovvietà, è che sembra proprio acclarato e certo che questa infezione, questo virus producano un numero, una percentuale inconsuetamente alta di asintomatici. Da ogni rilevazione appare, spunta la circostanza o almeno il fondato sospetto che gli asintomatici siano non solo pari o di più di coloro che sviluppano sintomi, ma molti di più.
Come se coronavirus incorporasse tra le sue caratteristiche una strategia di diffusione: ammalarne davvero relativamente pochi, uccidere i più deboli (secondo legge evolutiva) e per così dire incistarsi in silenzio in molti che gli facciano da gambe e grazie ai quali muoversi e diffondersi, diffondersi, diffondersi. Val la pena di ricordare (anche a proposito delle esagerazioni e incomprensioni su coronavirus vivo e vegeto su superfici, abiti, scarpe…) che i virus per essere e vivere hanno bisogno di cellule. Senza cellule virus, coronavirus compreso, non vive. Al massimo sopravvive, preso agonizzando, più o meno come umano senza ossigeno. Quindi virus ha bisogno di trovare cellule, di trasferirsi da cellula a cellula e coronavirus sembra avere la strategia del creare asintomatici che gli facciano da mezzo di trasporto e diffusione nella specie umana.
Sembra, alcune cose davvero e fino in fondo non si sanno. Perché i bambini lo contraggono in forma blanda? Per sistema immunitario allenato e allertato dalla stagione dei vaccini? Per una specifica caratteristica biologica del coronavirus? O semplicemente perché un polmone di 6 anni è diverso e più forte di un polmone di 60 anni? Dubbi, ricerche, interrogativi. Ma che ci siano e ci siano stati in giro per il mondo e per l’Italia moltissimi asintomatici eppur contagiati da coronavirus è un’ipotesi che ogni ricerca conferma come fatto.
Gli asintomatici più che gli aerei o i confini aperti hanno sparso rapidamente il contagio per il pianeta. Gli asintomatici possono continuare a farlo perché ogni contagio crea a sua volta altri asintomatici, pare proprio in misura maggiore di coloro che hanno febbre, tosse e respiro corto e che per questo vengono conteggiati come malati. La proporzione non è nota, ma si ipotizza cinque o dieci asintomatici per ogni malato visibile di coronavirus. Tradotto alla grossa in stime italiane, dai 150 mila ai 300 mila asintomatici rispetto a circa 30 mila casi conclamati.
Che si fa allora per fermare il contagio da asintomatici? La risposta istintiva è: scoprire gli asintomatici! E come si fa a scoprire gli asintomatici? Col tampone. Quindi, tampone per tutti! Che è un bello slogan ma solo uno slogan. O meglio, tampone per tutti può valere, può essere fatto su scala limitata e definita, ad esempio in una zona “rossa” più o meno ristretta (è stato fatto a Vo’ euganeo, forse doveva essere fatto e si dovrà fare nel bergamasco e nel bresciano). In una zona limitata ad alto livello di contagio tampone per tutti di certo utile e soprattutto praticabile.
Ma tampone per tutti a Milano o a Roma? Impraticabile nei fatti. E poi, se davvero sani e asintomatici e sospetti di aver avuto contatti sono tutti davvero in casa, stanno tutti davvero in casa tre settimane filate, serve davvero tampone per tutti? Allargare il numero dei tamponi effettuati all’intera catena dei contatti del malato conclamato è certamente utile e buona cosa. Ma 60 milioni di tamponi, il tampone per tutti è solo uno slogan, una parola del vocabolario della politica. La controprova? L’asintomatico, una volta trovato, che ci fai? Gli dici di stare in casa e di on avere contatti per due settimane. Appunto.