ROMA – Il tampone per diagnosticare il coronaviurus? Obsoleto in molti casi. Sarebbe molto meglio un esame del sangue che trova gli anticorpi: a dirlo è Roberto Burioni, professore di Microbiologia e virologia all’ Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano.
“Il tampone, attualmente usato per intercettare la presenza del virus nel naso e nella gola, è molto affidabile e preciso. Però – spiega Burioni al Corriere della Sera – ormai non ha molto significato in chi ha sintomi respiratori e per di più ha una polmonite che si può facilmente vedere con una lastra ai polmoni. Finita la circolazione del virus influenzale, questa condizione è praticamente solo da coronavirus”.
Ma il tampone potrebbe essere inutile in chi ha sintomi lievi: “Queste persone devono, in ogni caso, stare a casa. Così pure i loro contatti. È invece indicato per capire chi è veramente guarito – dice Burioni -. Per parlare di guarigione occorre che due tamponi, eseguiti a distanza di uno o due giorni, risultino negativi”.
Questi dati, una volta che l’emergenza sarà finita, potrebbero aiutare i ricercatori a studiare molti aspetti che riguardano la diffusione di questa pandemia. Meglio ancora, però, sarebbe un esame del sangue che permette di trovare gli anticorpi anti-coronavirus, segnale della risposta immunitaria dell’organismo al Covid-19. “Punto primo: permette di valutare quante persone sono venute, davvero, in contatto con il virus e si sono difese, anche senza sintomi – precisa Burioni -. Punto secondo, il più importante da valutare nel tempo: dobbiamo capire se queste persone, che hanno sviluppato anticorpi, saranno protette, cioè hanno sviluppato un’ immunità, nei confronti di una successiva esposizione al coronavirus”.
Nel caso fosse così, se ci fosse una nuova epidemia si potrebbero mandare sul campo sanitari con anticorpi. Ma se non fosse così significherebbe che gli anticorpi sviluppati contro l’infezione non proteggono. E questo pregiudicherebbe anche l’efficacia di un ipotetico vaccino.
Infine, c’è l’idea di sviluppare test rapidi per la diagnosi di infezione: “Tutti questi test, utili per identificare i potenziali diffusori del virus (magari asintomatici) – spiega Burioni al Corriere della Sera – devono poi essere confrontati con i dati (i Big Data) che ci arrivano dalla tecnologia digitale”. Così si potrebbe capire come si diffonde l’epidemia e studiare nuove armi per arginarla. (Fonte: Corriere della Sera)