Coronavirus, fumatori più a rischio? Possibili condizioni cliniche più gravi Coronavirus, fumatori più a rischio? Possibili condizioni cliniche più gravi

Coronavirus, fumatori più a rischio? Fumo può aggravare le condizioni cliniche

Il fumo potrebbe aggravare le condizioni cliniche dei pazienti Covid-19. Lo suggerisce uno studio, pubblicato sulla rivista International Journal of Molecular Sciences.

La ricerca è stata condotta dagli esperti del Texas Tech University Health Sciences Center (TTUHSC).

Gli studiosi prendono in considerazione la disfunzione cerebrovascolare-neurologica nei soggetti affetti da Sars-CoV-2, studiando gli effetti del fumo su tali sistemi.

Luca Cucullo del TTUHSC spiega: “Ci sono patologie che possono emergere a seguito della compromissione degli organi respiratori”.

Il team afferma che potrebbe esserci un’elevata vulnerabilità alle infezioni virali e batteriche nei fumatori piuttosto che nei non fumatori.

“Il tabacco – aggiunge Sabrina Rahman Archie, studentessa presso il laboratorio di Cucullo – può compromettere la funzione respiratoria dei pazienti, portando a complicazioni vascolari e, infine, neurologiche”.

“Sappiamo che Covid-19 danneggia i sistemi respiratorio e vascolare – prosegue – per cui il fumo potrebbe aggravare ulteriormente la situazione dei pazienti”.

Eppure in questo studio i ricercatori di Parma sostenevano il contrario.

Il team del Texas ha esaminato 214 pazienti, scoprendo che il 36,45 per cento di essi riportava sintomi neurologici.

“Nell’organismo umano – osservano gli autori – esistono 13 fattori di coagulazione del sangue che possono essere accentuati dall’ipossia, una condizione che si verifica quando i tessuti non ricevono il corretto apporto di ossigeno, il che aumenta il rischio di ictus”.

Secondo gli esperti, recenti studi clinici sembrano dimostrare che alcuni dei danni causati da Covid-19, in particolare quelli relativi all’apparato respiratorio, sono permanenti e nei pazienti che guariscono da Sars-CoV-2 la possibilità di ictus resta presente. 

“Età e livelli di attività fisica – precisa Cucullo – non sembrano influire sulla percentuale di rischio. Alcuni di quelli con i più alti fattori di rischio per problemi a lungo termine legati a Covid-19 sono giovani adulti tra i 20 e i 30 anni considerati in piena forma fisica”.

Il team sottolinea che saranno necessari ulteriori studi per confermare queste teorie e per stabilire gli effetti del nuovo coronavirus, una malattia ancora relativamente poco conosciuta.

“Credo che sia ancora presto – conclude Cucullo – per questo tipo di indagini. La principale preoccupazione clinica riguarda la possibilità di trovare un vaccino efficace o un metodo in grado di alleviare i sintomi respiratori. La ricerca si sta muovendo in questo senso”. (Fonte: Agi).

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