ROMA – Coronavirus fa…da nulla alla morte. E’ il suo mistero.
E’ la sua trappola per noi. Ci si può ammalare di coronavirus e neanche accorgersene. E si può morire di malattia coronavirus.
Coronavirus fa dal nulla alla morte. E questo confonde e inganna.
Dal nulla alla morte come effetti del contagio, in questa estrema indeterminatezza il comportamento umano perde punti di riferimento.
Coronavirus a tanti, a molti, a moltissimi fa nulla o quasi.
Quindi comportarsi di fronte coronavirus come ci si comporta di fronte ad altri virus che poco o nulla fanno agli umani si può. La tentazione trova fondamento.
Non è come la peste o la tubercolosi o il vaiolo o il colera.
Coronavirus induce, quasi seduce a considerarlo, se non semi innocuo, di certo non sterminatore.
Coronavirus manda e consegna all’umano: se ti contagio c’è buona probabilità che non ti faccia nulla.
Coronavirus però fa da nulla alla morte. Morte, coronavirus uccide.
A migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia sono morti o moriranno di coronavirus sul pianeta.
Quindi coronavirus comanda di comportarsi come di fronte a un virus che uccide.
Non è influenza, raffreddore, varicella…
Ma non è peste, vaiolo o colera. Ma non è influenza, raffreddore, varicella.
In questa sua natura ambigua e anfibia il mistero clinico e la trappola sociale di coronavirus.
Trappola sociale perché induce e chiama sia il comportamento sociale che si adotta verso virus non letali, sia, contemporaneamente, il comportamento che si adotta verso virus letali.
E così confonde governi, decisori pubblici, pubblica opinione, gente comune. Li confonde, li fa oscillare, li induce all’errore.
Trappola clinica, di cui tutti chiedono conto e ragione alla scienza.
Scienza declinata nelle varie specializzazioni della medicina: la diagnostica, la virologia, la biologia, la pneumologia…
La scienza stia ad un sano e sanificatore e meraviglioso e utilissimo “non lo so”.
E’ li che sta ad oggi la scienza rispetto a tutto o quasi di coronavirus.
Ed è lì che può stare: coronavirus è entrato in contatto con gli umani, per quel che si ricava dalle tracce biologiche, circa sei/sette mesi fa.
Non in laboratorio e peraltro neanche a Wuhan.
L’ultima traccia nota, la prima in ordine di tempo andando a ritroso, è nel sud della Cina.
Coronavirus gli umani lo studiano ben che va da quattro mesi.
Troppo poco tempo per scientificamente saperne.
Coronavirus non sappiamo come si cura.
Coronavirus non sappiamo se dopo la guarigione (negativizzazione al tampone) può tornare o no nell’organismo.
Coronavirus non sappiamo se anticorpi che induce immunizzino o no e , se sì, per quanto tempo.
Coronavirus non sappiamo disegnare con precisione tempi e modalità del contagio stesso.
Coronavirus non sappiamo il perché e il come della estrema variazione sintomatica, appunto dal nulla alla morte.
Seleziona gli organismi deboli? Attraverso quale meccanismo biologico? E comunque non sempre. Perché non sempre?
La scienza è sottoposta ad enormi (enormi anche se indebite) pressioni.
I governi vogliono sapere, la tv vuol sapere, la gente vuol sapere, i giornali vogliono sapere. E la scienza è spinta ad offrire risposte…compassionevoli.
Compassionevoli come i farmaci che si somministrano quando qualcosa si deve fare anche se non si sa cosa fare e c’è poco o nulla da fare.
Compassionevoli riposte a governi, alla stampa, alla gente. Compassionevoli risposte della scienza in forma di ipotesi e opinioni.
Ma scienza, qui e ora, sarebbe meglio non parlasse per via di ipotesi e opinioni.
Governi, opinione pubblica, gente e mezzi di informazione non sono in grado di capire che sono ipotesi e opinioni.
Questi richiedenti di un sapere oggi impossibile non sono in grado di distinguere la differenza sostanziale tra ipotesi/opinioni di scienziati e processo di validazione previa empirica verifica della scienza.
Quindi governi, comunicazione di massa e gente comune maneggiano e brandiscono ipotesi e opinioni come bambini potrebbero fare con coltelli da cucina, rischiano grosso di farsi del male.
La scienza, qui e ora, dovrebbe stare al “non lo so”. Un non lo so sano perché fa pubblica salute.
Un non lo so meraviglioso perché attesta il rigoroso e affidabile e credibile metodo (e quindi risultati quando verranno) della scienza.
Un non lo so disinfettante (siamo in tema) delle tante follie, sciocchezze, innamoramenti per un farmaco o l’altro, terapie e forme di contagio oltre i confini del plausibile. Una su tutte: contagio nell’aria che respiriamo ogni giorno ovunque.
Allora saremmo da un pezzo contagiati tutti. Non risulta in questi due mesi qualcuno in vita abbia smesso di respirare aria.
Per sapere, il sapere, la stessa possibilità di sapere per gli umani che fanno scienza comincia da un sano, orgoglioso, meraviglioso e potente: non lo so.
La tv, i governi, la gente chiede altro, altro e di più? La scienza non cada nella tentazione di darglielo quel di più e altro, neanche per compassione.