Coronavirus, l'infettivologo Cauda: "Vaccino arriverà, forse più di uno, ma non prima del 2021" Coronavirus, l'infettivologo Cauda: "Vaccino arriverà, forse più di uno, ma non prima del 2021"

Coronavirus, l’infettivologo Cauda: “Vaccino arriverà, forse più di uno, ma non prima del 2021”

ROMA – Il vaccino contro il coronavirus? “E’ molto probabile che arriverà, forse anche più di uno. Ma non prima del 2021”. 

Ne è convinto Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive al Policlinico Gemelli di Roma, che all’agenzia Agi spiega: “Ci sono tempi incomprimibili per la sperimentazione, in termini di efficacia ma anche di sicurezza”.

Anche l’Italia partecipa alla corsa al vaccino, con diversi progetti allo Spallanzani di Roma e la partnership tra un’azienda italiana e la Oxford University.

“Da quello che so sono approcci diversi – spiega Cauda – ma nessuno ha fornito i dettagli del proprio lavoro, che è ancora in una fase di studio e che per comprensibili motivi di riservatezza e anche industriali non viene ancora divulgato”.

“Da uomo di scienza sono solito dire: aspettiamo i dati, le pubblicazioni, e valutiamo. Ma la cosa importante è che tutto il mondo scientifico è al lavoro, ci sono decine di candidati vaccini, alcuni più avanti di altri”.

“A conferma che un virus a Rna come questo presenta difficoltà superabili: si tratta di individuare la parte più immunogena, le regioni del virus che se opportunamente veicolate in un vaccino sono in grado di stimolare la risposta con anticorpi di tipo protettivo”, spiega ancora l’esperto. 

Il Sars-Cov-2, insomma, non è una montagna insormontabile, come sembra essere tutt’ora dopo 40 anni, ad esempio, l’Hiv.

“Il virus dell’Aids è un retrovirus – spiega Cauda – ed è completamente diverso da un virus a Rna: il problema sono le mutazioni continue che avvengono, e che rendono complicato trovare regioni del virus altamente conservate capaci di essere tradotte in un vaccino efficace”.

Per i coronavirus la partita dovrebbe essere più semplice: “Per la Sars già si era vicini al vaccino, poi il virus si è estinto da solo, e soprattutto ha fatto 9.000 contagi e non tre milioni come il suo successore”.

“Sarebbe tutto sommato agevole trovare anche un vaccino contro i raffreddori causati da molti tipi diversi di coronavirus, se non si fa è solo perché non ne vale la pena visti i sintomi blandi”.

Fiducia, insomma, ma con cautela: “Uno studio deve passare da una fase I, poi una fase II e infine una fase III. Sono test prima di sicurezza e poi di efficacia, e non credo si possa accelerare più di tanto”.

“Semmai – conclude – si potrà risparmiare tempo con tutto ciò che segue la sperimentazione, ossia produzione e distribuzione”.

“Lì bisognerà lavorare per semplificare il più possibile, mettere a rete le conoscenze e le capacità industriali. Fino al vaccino, lo sappiamo, nulla tornerà come prima, ma c’è ottimismo perché di fronte a una minaccia globale si è scatenata una risposta globale”. (Fonte: Agi).

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