Coronavirus, scoperta una ‘falla’ nel sistema immunitario dei malati gravi

Uno studio dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha scoperto una ‘falla’ nel sistema immunitario dei malati gravi di Covid-19 che potrebbe impedire di contrastare il coronavirus

Una ‘falla’ nel sistema immunitario potrebbe impedire ai malati gravi di coronavirus di Covid-19 di contrastare il coronavirus. E’ quanto emerso da uno studio dell’Università di Modena e Reggio Emilia pubblicato sulla rivista Embo Molecular Medicine. 

I ricercatori hanno scoperto che un malfunzionamento nella produzione dell’energia dei monociti, le cellule dell’immunità innata, impedisce al sistema immunitario dei malati gravi di Covid-19 di contrastare efficacemente il coronavirus.

La scoperta

Di recente il team del professor Cossarizza aveva scoperto che i linfociti (le cellule del sistema immunitario adattivo, che sviluppano gli anticorpi incaricati di combattere le infezioni) presentavano una specie di esaurimento funzionale.

Il passo successivo, ha spiegato Cossarizza all’ANSA, è stato quello di indagare i monociti. Queste sono le cellule dell’immunità innata, in pratica i primi ‘soldati’ che il sistema immunitario mette in campo in caso di necessità.

Queste cellule combattono le infezioni e, nel caso la loro azione sia insufficiente, forniscono ai linfociti le informazioni necessarie per attivare la loro risposta.

La ‘falla’ individuata dai ricercatori risiede nel malfunzionamento dei mitocondri, responsabili della produzione di energia dei monociti.

Detto in altre parole, è come se una macchina fotografica fosse dotata di pile scariche o malfunzionanti. I monociti però continuano a produrre le molecole infiammatorie: elemento, anche questo, capace di spegnere la risposta dei linfociti.

Monociti disfunzionali

“Sulla base di questo studio – spiega il professor Cossarizza – è dunque possibile ipotizzare che nei polmoni dei pazienti che sviluppano una malattia grave arrivino dei monociti disfunzionali, non in grado di risolvere immediatamente l’infezione”.

Questo, aggiunge, consente non solo di capire meglio la malattia ma anche “di pensare ad approcci terapeutici integrati”. (Fonte: Ansa)

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