Coronavirus: 8.600 tamponi, 325 contagiati. Cioè il 4% nei focolai. Vuol dire che... Coronavirus: 8.600 tamponi, 325 contagiati. Cioè il 4% nei focolai. Vuol dire che...

Coronavirus: 8.600 tamponi, 325 contagiati. Cioè il 4% nei focolai. Vuol dire che…

Coronavirus: 8.600 tamponi, 325 contagiati. Cioè il 4% nei focolai. Vuol dire che...
Coronavirus: 8.600 tamponi, 325 contagiati. Cioè il 4% nei focolai. Vuol dire che… (Foto Ansa)

ROMA – Coronavirus: 8.600 tamponi effettuati, 325 contagiati trovati a tutto il 25 febbraio. Cioè il 4 per cento circa dei soggetti sottoposto a tampone risulta contagiato da coronavirus. Non il quattro per cento in assoluto, il quattro per cento della popolazione che risiede nei due focolai o che ha avuto rapporti con i due focolai di contagio.

Vuol dire che…Vuol dire che non importa la conta e la crescita dei contagiati se questi restano tutti legati ai focolai del lodigiano e dell’euganeo. Anche dovessero aumentare per qualche giorno ancora non sarebbe questo un segnale dell’espansione e dell’incontenibilità del virus. In termini di epidemia non è un dramma se i contagiati diventano da 300 e più 400 o 500 o più, purché nessuno dei nuovi contagiati attesti l’accensione di un nuovo, terzo o quarto, focolaio.

Perché? Perché se coronavirus contagia (come da rilevazione quantitativa mediante tampone) il quattro per cento della popolazione, allora si può così conteggiare: nei due focolai residenti e passati nei due focolai circa centomila persone. Potenziali contagi: quattromila. Di questi l’ottanta per cento svilupperebbe malattia in forma lieve, tale da non accorgersene quasi e comunque tale da non dover essere ricoverata in ospedale. Il 20 per cento invece, più o meno 800 persone, si ammalerebbe. Di questi il 10 per cento, 400 persone, avrebbe bisogno di terapia intensiva. Degli ottocento malati in maniera seria circa il tre per cento, circa 25 persone, in prevalenza soggetti deboli con organismo debilitato e non in grado di combattere le complicazioni respiratorie indotte da coronavirus, morirebbero. Gli altri, dopo degenza in ospedale, si avvierebbero alla guarigione.

Numeri gestibili sia in termini sanitari che sociali e politici. Se i focolai restano due, quelli e solo quelli. Numeri assoluti e percentuali che vanno rapportati in scala al numero e alle dimensioni dei focolai di contagio. Ad oggi i numeri sono questi e la battaglia, le Zone Rosse e Gialle servono a fare in modo che restino questi.

Perché se i focolai diventano tre o quattro o peggio i numeri cambiano e anche la possibilità di gestire coronavirus muta. Per capirci, nell’ipotesi estrema e sostanzialmente irrealistica di un contagio che si estendesse a tutto il territorio nazionale, quattro per cento della popolazione potenzialmente contagiabile (percentuale da tamponi) vorrebbe dire 2,5 milioni (milioni!) di contagiati. Di cui due milioni in forma lieve ma 500mila in forma seria o grave. E quindi, secondo medesime proporzioni e percentuali finora riscontrate, 250 mila persone da ricoverare in ospedale. E quindi 15 mila morti. Ripetiamo, val la pena di ripetere: questo nel caso del tutto teorico ed astratto che l’intera Italia diventi in focolaio. Non succederà, siamo ai confini dell’impossibile.

Ma tra gli ottocento malati potenziali (tale il bacino dei due focolai) e i 500 mila se tutta Italia fosse focolaio molte sono le possibili stazioni intermedie. Il treno di coronavirus non deve raggiungerne nessuna, è per questo che si chiudono scuole, cinema, uffici, discoteche, teatri…Per non far passare quel treno.

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