Coronavirus, la dottoressa Maria Rita Gismondo insiste: "Tra poco il 60-70% della popolazione positivo. Ma non dobbiamo preoccuparci" Coronavirus, la dottoressa Maria Rita Gismondo insiste: "Tra poco il 60-70% della popolazione positivo. Ma non dobbiamo preoccuparci"

Coronavirus, la virologa Gismondo insiste: “Tra poco il 60-70% della popolazione positivo. Ma non dobbiamo preoccuparci”

Coronavirus, la dottoressa Maria Rita Gismondo insiste: "Tra poco il 60-70% della popolazione positivo. Ma non dobbiamo preoccuparci"
Coronavirus, la dottoressa Maria Rita Gismondo insiste: “Tra poco il 60-70% della popolazione positivo. Ma non dobbiamo preoccuparci” (Foto Facebook)

MILANO – La virologa Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica dell’ospedale Sacco di Milano, torna a parlare di coronavirus dopo essere stata sommersa dalle polemiche per le sue frasi secondo cui il coronavirus sarebbe “un’influenza scambiata per pandemia”, nonostante proprio in questi giorni la stessa Organizzazione mondiale della sanità abbia dichiarato che si è ormai passati da epidemia a pandemia. 

Intervenendo ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano, la dottoressa Gismondo ha detto:  “Noi stiamo assistendo ad un incremento di casi di contagio rilevati. Sappiamo tutti che questo virus è diffuso nella popolazione molto più rispetto a quello che stiamo vedendo, tra poco il 60-70% della popolazione sarà rilevato positivo. Ma non dobbiamo preoccuparci. Con dei numeri maggiori ci renderemo conto che questo virus è meno letale di quanto possiamo pensare adesso. Questo virus nella gran parte dei casi, o è silente o ci dà sintomi simil influenzali, nel 90% dei casi. C’è un 10% di persone che ha bisogno di essere ricoverato in ospedale. Borrelli ci ha detto più volte che le fasce più toccate sono anziani con 1 o 4 patologie. Il virus dunque è stato un aggravante. Ad oggi i dati di morte diretta per Coronavirus sono molto scarsi, si parla di qualche unità”.

La virologa ha detto la sua anche sui giovani finiti in terapia intensiva nonostante l’età e l’assenza di patologie pregresse: “La medicina non è mai una scienza esatta, quindi non significa che non ci possano esserci casi di qualche giovane. Dobbiamo però vedere la curva, dobbiamo parlare della maggior parte dei casi. Dobbiamo andare a vedere se ci sono altre malattie. Oggi l’età media dei deceduti è 81-83 anni, i guariti sono quasi il doppio delle persone che vengono ricoverate in terapia intensiva. Io non dico che la situazione sia rosea. Giuste tutte le precauzioni che vengono prese. Se ognuno di noi diventa serbatoio del virus può provocare una grave infezione ad una persona anziana. Siamo a casa due settimane perché dobbiamo evitare il contagio, meno persone sono contagiate, meno si ammalano e meno deceduti avremo. Non illudiamoci di avere casi zero in tutta Italia e in tutta Europa. La Lombardia è stata particolarmente sfortunata perché ha avuto quel focolaio che ci ha messo in crisi. Se non ci fosse stato quel focolaio avremmo avuto pochi casi aumentati nel tempo e non questa crisi sanitaria”.

Quindi, le sue previsioni: “Tra due settimane ci aspettiamo un calo drastico dei casi positivi, dei ricoverati e dei malati. Non possiamo però pensare che tra due settimane il virus sia scomparso, ci accompagnerà ancora per qualche mese, ma una cosa è avere 30 ricoverati in terapia intensiva, altra cosa è averne 3.000″.

Sulla possibilità che il caldo sia un alleato contro il coronavirus. “E’ vero che quando andiamo verso il caldo i virus respiratori calano nella loro presenza, ma questo è dovuto soprattutto alle nostre abitudini perché durante l’inverno ci accalchiamo nei locali ed è molto più facile stare più vicini. L’estate stiamo più all’aperto e questo ci aiuta ad essere meno esposti ai virus”.

Riguardo alla sperimentazione sulle terapie anti coronavirus. “Per raggiungere il vaccino ci vorrà tempo, forse arriverà anche dopo il picco in tutta Europa. La cosa più rapida è sicuramente una terapia perché abbiamo tante molecole che potrebbero essere attive nei confronti del virus. Conosciamo il virus e quindi possiamo fare ipotesi di molecole attive. La sperimentazione comincia al Sacco e al San Matteo perché sono sempre stati in prima linea, purtroppo anche come numero di casi. E’ essenziale provare e riprovare molecole che possano darci una terapia. Credo stiano puntando su due target diversi di attività: l’antivirale punta ad inibire il virus rapidamente, l’altra molecola (quella del farmaco anti artrite) mira a ridurre l’infiammazione. Penso possano diventare una terapia combinata”.

La lezione da trarre, comunque, secondo Gismondo è quella di non fare promuovere l’autonomia della sanità nelle varie regioni: “Tutti dobbiamo imparare da questa esperienza. La sanità nazionale non può essere spezzettata in varie regioni. Il cittadino su tutto il territorio nazionale deve avere lo stesso diritto alla salute. Addirittura auspicherei su tutto il territorio europeo. Spero che le persone non dimentichino i nostri sacrifici e soprattutto i nostri giovani volontari, senza di loro non potremmo fronteggiare la crisi e spero che diventino dipendenti a tutti gli effetti”. (Fonte: Radio Cusano Campus)

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