ROMA – La guarigione dal covid-19 provoca lesioni che possono dare problemi polmonari per i 6 mesi successivi e nel 30% dei casi i problemi respiratori diventano cronici.
Questo lo scenario prospettato durante il meeting della Società Italiana di Pneumologia (SIP) del 26 maggio.
Luca Richeldi, membro del Cts e pneumologo, avverte che gli esiti fibrotici, cioè le cicatrici lasciate sul polmone dal coronavirus, possono provocare danni anche irreversibili.
Per questo motivo, Richeldi parla di “una nuova emergenza sanitaria”, con i guariti dal covid-19 che potrebbero sviluppare nuove patologie polmonari.
Covid-19, rischio di danni permanenti nei pazienti
Il quadro arriva dal meeting digitale organizzato SIP con StemNet, la Federazione delle Associazioni di Ricerca sulle Cellule Staminali e il Gruppo Italiano Staminali Mesenchimali (GISM).
Gli esperti hanno confrontato i dati dei pazienti covid-19 con quelli dei guariti dalla SARS del 2003.
Secondo gli pneumologi, il recupero della funzionalità respiratoria a lungo termine nei pazienti rimasti per molto tempo nelle terapie intensive potrebbe non essere completo.
Questo è vero, almeno nei pazienti che presentano i casi più gravi.
Data la situazione, i medici sostengono la necessità di prevedere percorsi di riabilitazione respiratoria e follow-up per i pazienti a rischio di danni permanenti.
Un primo passo in questo verso è stato fatto a Pavia, dove già da aprile è stato aperto il primo ambulatorio post-covid.
Secondo le stime dei medici, in media per un adulto servono dai 6 ai 12 mesi per recuperare la funzionalità respiratoria completamente dopo la polmonite da covid-19.
Fibrosi polmonare: una nuova emergenza sanitaria?
Questo perché il tessuto respiratorio colpito dall’infezione perde le proprie caratteristiche e la propria struttura normale, diventando rigido e poco funzionale, comportando sintomi cronici e necessità, in alcuni pazienti, di ossigenoterapia domiciliare.
La fibrosi polmonare potrebbe diventare perciò il pericolo di domani per molti sopravvissuti a Covid-19.
Per questo motivo, è necessario sperimentare nuovi approcci terapeutici, concludono gli specialisti, come i trattamenti con cellule staminali mesenchimali. (Fonte: ANSA)