ROMA – Buone notizie per la salute e per i conti pubblici: quelli che chiamiamo comunemente farmaci generici equivalenti (stesso principio attivo ma niente griffe) non sono semplici succedanei, diciamo di serie B, ma fanno bene come quelli con brevetto e fanno risparmiare sia gli utenti, sia i presidi medici (ospedali, Asl…).
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Nel sancire il principio della “intercambiabilità” con i biologici di riferimento, il position paper, sottolinea comunque il ruolo cruciale del medico prescrittore. E’ infatti lui il “responsabile della decisione clinica”.
Insulina, fattori di crescita ma anche anticorpi monoclonali, enzimi, emoderivati, i farmaci biologici sono indispensabili per la cura di malattie gravi e croniche ma complessi e sofisticati e, per questo, molto costosi: sono infatti prodotti non tramite sintesi chimica, ma tramite procedimenti basati su sistemi viventi come microrganismi o cellule animali.
“Se da un lato – scrive Aifa – un vasto numero di farmaci biotecnologici è in fase di sviluppo clinico, dall’altro la prima generazione di questi farmaci ha già superato, o è in procinto di superare, la scadenza brevettuale”. Questa scadenza del brevetto “permette l’entrata sulla scena terapeutica dei farmaci cosiddetti ‘biosimilari’, medicinali ‘simili’ per qualità, efficacia e sicurezza ai prodotti biologici originatori di riferimento e non più soggetti a copertura brevettuale”.
I biosimilari, si legge sul documento di Aifa, costituiscono “uno strumento irrinunciabile per lo sviluppo di un mercato dei biologici competitivo e concorrenziale” perché sono “un’opzione terapeutica a costo inferiore per il Servizio Sanitario Nazionale”. Tradotto in pratica, si apre la “possibilità di trattamento di un numero maggiore di pazienti”.