ROMA – Il parassita della malaria sta diventando resistente anche all’ultimo farmaco rimasto efficace per combatterla: l’artemisina. E’ quanto rivela uno studio genetico pubblicato sulla rivista Nature Genetics. I ricercatori della Mahidol-Oxford Tropical Research Unit sono riusciti a rilevare diverse mutazioni nel genoma del parassita che, notoriamente, viaggia con le zanzare Anopheles. Su 1612 campioni prelevati da 15 siti in Asia e Africa, in particolare le mutazioni sul gene kelch13 sarebbero quelle ritenute responsabili della resistenza ai farmaci, oltre ad altre 4 che sembrano lavorare in concerto con la kelch13.
L’emergenza è scattata nel Sud-Est asiatico, dove da tempo imperversa il parassita farmaco-resistente, ma il timore è che possa diffondersi anche in altri Paesi, in primis l’Africa, l’altro principale focolaio insieme al Sud America.
Olivo Miotto, coordinatore dello studio, spiega che
”L’artemisina è il miglior farmaco contro la malaria che abbiamo da molto tempo, e vogliamo che continui a rimanere tale. Per questo la sua efficacia deve essere protetta”.
Quando il primo farmaco contro la malaria, la clorochina, fu sviluppato, i ricercatori pensavano che la malattia sarebbe stata eradicata nel giro di pochi anni. Ma il parassita della malaria è stato molto più resistente del previsto e ha sempre trovato il modo di eludere i farmaci successivi, diventati così inutili.
Stranamente, ogni volta che si è sviluppata una resistenza ai farmaci, è sempre partita dalla stessa area, cioè il confine tra Thailandia e Cambogia, per poi diffondersi all’Asia e all’Africa. Cosa che sta iniziando a succedere di nuovo con l’artemisina, con casi confermati in Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam e Birmania. Il prossimo passo perciò è scoprire come bloccare la mutazione del kelch13.