La fine della vita riproduttiva femminile, dovuta alla menopausa, è influenzata dal Dna. Sono infatti 290 le variazioni genetiche e circa 80 i geni che modulano l’arrivo della menopausa, precoce o tardiva che sia. Ma, manipolando alcuni di questi geni, diventa possibile ritardarne l’inizio, come hanno dimostrato alcuni esperimenti in laboratorio sui topi. Il risultato ottenuto nei roditori è la prova di principio che in futuro potrebbe aiutare a sviluppare nuove terapie per l’infertilità, come spiega lo studio pubblicato sulla rivista Nature.
Menopausa, cosa dice la ricerca
Alla ricerca, coordinata dall’Università britannica di Cambridge, hanno partecipato ben 180 istituzioni di tutto il mondo. Tra cui anche diversi centri italiani, fra i quali l’istituto San Raffaele di Milano, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Cagliari e il Burlo Garofolo di Trieste. I ricercatori, guidati da John Perry, hanno lavorato su due fronti: uno di analisi genetica e statistica, e l’altro di laboratorio.
In particolare hanno analizzato i dati genetici presenti in due banche dati di 210.323 donne di origine europea, entrate in menopausa tra i 40 e 60 anni. E di 80.000 donne di origine asiatica, per un totale di circa 13,1 milioni di varianti genetiche. Di queste, si è visto che 290 regolano il processo di invecchiamento delle ovaie e il periodo di comparsa della menopausa. Molti di questi geni, inoltre, sono collegati ai processi di riparazione del Dna. Alcuni di essi sono attivi già prima della nascita e altri continuano a esserlo per tutta la vita.
Le varianti della menopausa
“Complessivamente sono state identificate 290 varianti e circa 80 geni che regolano l’età naturale della menopausa. Molti di questi sono coinvolti nella morte cellulare e nella riparazione del Dna. Un meccanismo quest’ultimo che porta anche alla perdita degli ovociti”, spiega all’ANSA Daniela Toniolo, ricercatrice del Centro di scienze omiche del San Raffaele.
Tra questi ci sono i geni CHEK1 e CHEK2, che regolano diversi processi di riparazione del Dna. In particolare, i test sui topi hanno indicato che spegnendo il gene CHEK2 e facendo lavorare di piú CHEK1 si riesce a prolungare la vita riproduttiva di circa il 25%. Un elemento coerente con il fatto che le donne prive del gene CHEK2 vanno in menopausa circa 3,5 anni piú tardi delle altre donne.
“I topi non vanno in menopausa ma hanno un calo della fertilità – conclude Toniolo – Questi risultati ci fanno pensare che potrebbero esserci dei modi farmacologici per allungare il periodo di fertilità nelle donne, in particolare chi l’ha persa precocemente”. I ricercatori hanno infatti verificato che l’arrivo prima del tempo della menopausa aumenta il rischio di avere il diabete di tipo 2, osteoporosi e fratture, mentre riduce la probabilità di avere alcuni tipi di tumore influenzati dagli ormoni sessuali.