ROMA – Sperimentazione sul metodo Stamina, che fare? I protagonisti di questa vicenda che da tutta italiana assume carattere internazionale sono tre e districare gli intrecci non sarà facile. Da un lato c’è il “buono” Davide Vannoni, psicologo e fondatore di Stamina, che proclama al mondo intero la bontà dei risultati ottenuti dal suo metodo. Dall’altro c’è la “brutta” Beatrice Lorenzin, ministro della Sanità, che la sperimentazione del metodo l’ha approvata, ma secondo i classici protocolli, elemento di poca libertà che Vannoni ha mal digerito.
E in questo triangolo non poteva mancare il “cattivo“, anzi il “cattivissimo” Nature. La rivista scientifica che ha inesorabilmente bocciato il metodo Stamina. Dati sbagliati, sperimentazione fallace e plagio, ingredienti di quella che secondo esperti italiani in materia di staminali si prefigura come “una frode scientifica”. Bocciatura che a Vannoni proprio non va giù.
DA BRESCIA A NATURE – La vicenda inizia quasi un anno fa negli Spedali Civili di Brescia, dove il metodo Stamina viene utilizzato su bimbi come Sofia e Smeralda. Una cura definita la loro unica speranza di sopravvivenza, ma che non convince né il pm di Torino, Raffaele Guariniello, né il ministero della Salute, alla cui guida vedeva l’ex ministro Renato Balduzzi.
La questione della sperimentazione del metodo Stamina finisce così in tribunale, tra cure interrotte, ripristinate, tolte a qualcuno o autorizzate ad altri. L’opinione pubblica, commossa dal servizio delle Iene sulla piccola Sofia, s’indigna per la cura negata. Ma nessuno sembra chiedersi se della cura ci si possa fidare.
La storia si protrae e passato un anno si giunge al punto cruciale: Davide Vannoni lancia la sua campagna, con tanto di Facebook, per validare la bontà e la speranza che il suo metodo promette. Il ministero della Salute, Balduzzi prima e Lorenzin ora, aprono seppur cauti alla sperimentazione. Nature, importante rivista internazionale, boccia senza indugi.
“DATI ERRARI E PLAGIO” – L’attacco di Nature arriva il 2 luglio: “La sperimentazione italiana sulle staminali è basata su dati errati”. Un titolo breve e d’impatto. Stamina e Vannoni nel titolo della rivista non vengono nemmeno citati, ma la descrizione che viene offerta del metodo e del suo fondatore non è delle migliori. Vannoni viene definito “uno psicologo trasformato in imprenditore medico”, che propone una sperimentazione basata su dati errati e plagiati. Una sperimentazione che non tradisce solo le false speranze alimentate nelle famiglie dei malati, ma anche la “fiducia” dello Stato che gli ha destinato 3 milioni di euro.
“NATURE PATETICA” – La replica di Vannoni non poteva certo farsi attendere. L’attacco di Nature, secondo Vannoni, “rasenta il patetico”. Gli esperti italiani intervistati da Nature vengono accusati da Vannoni di imparzialità e la stessa rivista viene guardata con sospetto. Dalla sua pagina Facebook, Vannoni punta a sua volta il dito contro Nature:
“Credo che Nature, nella speranza di far fare brutta figura ad una fondazione onlus italiana, stia, in realtà, scadendo e facendo solo politica di basso livello, cercando di dare manforte a due ‘grandi scienziati italiani’ che non avendo nulla da sperimentare e, non avendo mai curato nessuno con le staminali, preferiscono che nessun altro lo faccia”.
Poi attacca direttamente la “giornalista/scienziata” Abbott:
“Inoltre la “giornalista/scienziata” Abbott non ha neanche capito che differenza ci sia tra le concentrazioni della soluzione madre e quelle della soluzione di differenziazione, sbagliando i calcoli, ma questo basta per occupare pagine con falsi scoop da giornaletto parrocchiale. Devo darle atto che la mail nella quale chiedeva delucidazioni me la ha inviata due giorni fa, ma sinceramente non ho avuto tempo di rispondere soprattutto a chi mi ha già fatto perdere ore per spiegare che cosa fosse successo a Brescia per poi non riportare nulla di quanto le avevo detto”.
Ma a “ferire” nel profondo Vannoni è l’intervento di Luca Pani dell’Aifa su Nature. Pani critica il metodo, un indizio di imparzialità per uno dei futuri membri della commissione del ministero che dovrà approvarlo secondo Vannoni. E allora cosa fare? Quando la sfida tra il “buon” Vannoni e il “cattivo” Nature prende tali svolte, non rimane che lanciare dall’autorevole Facebook un ultimatum al “brutto” ministero:
“1. La standardizzazione che stiamo facendo della metodica non venga in alcun modo modificata.
2. Spetti a Stamina la scelta delle tre patologie su cui fare la sperimentazione (suggeriamo Sla, paresi cerebrale infantile ed una malattia degenerativa non neurologica)
3. Venga individuato un solo laboratorio per la produzione cellulare in cui i nostri biologi possano controllare la produzione.
4. Vengano indivudati al massimo due centri per le applicazioni cliniche e le valutazioni che siano in prossimità del centro di produzione.
5. Venga nominata una CRO (organismo di controllo internazionale super partes) che certifichi tutti i dati ottenuti e l’applicazione della buona pratica clinica”.
“VANNONI SEGUA IL PROTOCOLLO” – Un ultimatum che la Lorenzin, dopo aver dato il via alla sperimentazione nonostante i dubbi, ha in pieno bocciato: “Su questa vicenda ci sono luci e ombre. La denuncia di Nature sul metodo Stamina è molto grave e soprattutto desta grande preoccupazione. Però a questo punto Vannoni ha una strada, che è quella tracciata dal Parlamento: consegnare il protocollo senza fare trattative”.
La “brutta” ministra non addolcisce certo i toni: “Il presidente di Stamina Foundation deve lasciare il suo protocollo ad una commissione che è fatta di profili professionali di altissimo valore scientifico, e che dovrà esaminarne la bontà e la natura. La valutazione poi darà ragione o torto, come avviene in questi casi. La sperimentazione verrà avviata come previsto rispettando le regole. Non credo ci siano altre strade, questa è la strada tracciata dal Parlamento”.
“FRODE SCIENTIFICA” – Ultimatum escluso e comunità scientifica contro, tanto che alcuni esperti italiani come Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina Rigenerativa ‘Stefano Ferrari’ dell’Università di Modena e Reggio Emilia, parla di “frode scientifica”: “Appare adesso chiaro a chiunque, e non solo a noi scienziati, che il metodo Stamina non solo non esiste, ma si basa sulla appropriazione di dati e immagini già pubblicate tra il 2003 e il 2006 da un gruppo di ricerca russo. Adesso sappiamo con certezza – prosegue – che la stessa domanda di brevetto, peraltro respinta senza appello dall’ufficio brevettuale americano, non poteva neanche essere presentata”.
Secondo De Luca, ”forse è questa la ragione per cui Stamina non ha ancora consegnato il presunto metodo per la sperimentazione clinica, fortemente voluta dal Parlamento, che sarebbe dovuta iniziare il primo luglio. Proseguendo verso la sperimentazione il governo si troverebbe ad investire soldi pubblici su una frode scientifica, ridicolizzando se stesso nonché la scienza e la medicina italiana nel mondo. Mi chiedo come le nostre Istituzioni siano arrivate a dare un tale credito a personaggi di questa caratura che proponevano quello che a tutta la gente di buon senso e a tutti gli scienziati degni di questo nome è sempre apparsa come una bufala”.
STAMINA, CHE FARE? – In un clima confuso, complice la scarsa informazione nel pubblico su cosa siano le cellule staminali e i punti interrogativi sullo stesso Metodo Stamina di Vannoni, istituzioni, scienziati e cittadini danno il via al dibattito. Le fazioni son tre, numero perfetto per Stamina. I malati ed i sostenitori della “speranza a tutti i costi” portano avanti la causa di Stamina, difendendo a spada tratta Davide Vannoni e il suo metodo. Stamina per loro è una cura “salva-vita” e come tale non si può negare, nonostante della cura nulla o poco sappiano, tanto meno se funzioni.
Dall’altro vi sono coloro che in un metodo di cui nulla si conosce, messo a punto da uno psicologo che afferma di averlo appreso da biologi russi e che non di sperimentare il suo metodo secondo i protocolli del ministero proprio non ne vuol sapere, ma ai 3 milioni di euro di fondi non vuol rinunciare, mai e poi mai si potrà fidare.
Nel mezzo, terzi ma non ultimi, vi sono gli indecisi: da un lato il dolore delle famiglie che sperano nella cura è comprensibile da tutti, dall’altro il buon senso avvisa che delle falle, nel metodo Stamina e nella presentazione di Vannoni, vi sono. Il problema alla base della vicenda però è proprio questo: Vannoni chiede di fidarsi di un metodo non sperimentato.
E allora che fare? Dare il via alla sperimentazione secondo i protocolli, ottenere dei risultati scientifici validi. Perché una cura, vera e provata, potrebbe essere una strada migliore di una speranza, che facilmente rischia di confluire in illusione e delusione.