ROMA – Il metodo Yananmaka per riprogrammare cellule staminali adulte in cellule ‘bambine’ non sarebbe del tutto sicuro: a scoprirlo un gruppo di ricercatori italiani che ha osservato uno stress del Dna delle cellule staminali riprogrammate, in cui piccoli frammenti vengono cancellati ed altri alterati, aumentando il rischio che la cellula divenga tumorale. Brutta notizia dunque per Shinya Tamanaka, ricercatore giapponese che con il suo metodo avrebbe permesso la creazione di cellule staminali sicure senza il bisogno di distruggere embrioni e di appianare il dibattito etico relativo alla ricerca genetica.
La scoperta del gruppo italiano del San Raffaele sulle Ips (Induced pluripotent stem cells), condotta in collaborazione con Ifom, l’Istuto europeo di oncologia e l’università di Milano, è stata pubblicata su Cell death and differentiation, ed ha confermato i dubbi di quanti non ritenessero il metodo di Yamanaka, ideato nel 2007, completamente sicuro, dubbi alla base di un assenza di sperimentazione clinica.
La riprogrammazione della cellula avviene infatti attraverso l’inserimento di virus che modificano un gruppo di geni del Dna, tra i quali si trova anche un oncogene noto per la capacità di indurre i tumori. Tale operazione di ‘ringiovanimento’ dà il via ad una notevole riproduzione in cellule figlie, che dopo poco tempo iniziano a manifestari i segni dello ‘stress replicativo’, noto ai ricercatori come meccanismo tipico delle cellule cancerogene.
Anche se il metodo di Yamanaka presenta dei problemi, non rappresenta comunque un fallimento, bensì un passo importante nello studio delle cellule staminali, che andrà approfondito e reindirizzato nel modo migliore. Di questo è convinto anche Pier Giuseppe Pelicci, dell’Istituto europeo di oncologia, che sostiene che la scoperta del difetto aprirà la via alla ricerca di alternative: “la nostra può sembrare una cattiva notizia, ma non va presa come tale. Ora che abbiamo individuato il meccanismo che provoca il danno nel Dna di queste cellule, possiamo partire alla ricerca di una via alternativa, finalmente sicura”.
Questo poichè i danni del Dna sono ritenuti prevenibili o cancellabili, infatti non è necessario indurre nelle cellule ringiovanite lo stress moltiplicativo, alla base dei rischi di ottenere cellule staminali, come ha spiegato Pelicci: “invece di usare dei geni, che restano attivi in permanenza, possiamo cercare di riprogrammare le nostre cellule con dei farmaci. Cercheremo di trovare delle sostanze chimiche che agiscono sui geni attivandoli, ma il cui effetto sia temporaneo, direi meno ‘spinto'”.
Pelicci ha poi osservato che “servono tempo e pazienza, e mi rendo conto quanto importante sarebbe per alcuni malati accorciare le attese. Ma non possiamo proprio fare altrimenti: gli indizi che le staminali Ips non fossero del tutto sicure si accumulavano ormai da tempo. Noi siamo andati semplicemente a ispezionare da vicino il Dna di queste cellule, e i problemi sono saltati subito fuori. Ma lavoreremo per risolverli, di questo si può essere certi”.