Droghe intelligenti che non sballano. Silicon Valley, le usano i cervelloni

Nootropiche, droghe intelligenti che acuiscono la mente: nuova moda in Silicon Valley
Nootropiche, droghe intelligenti che acuiscono la mente: nuova moda in Silicon Valley

SAN FRANCISCO – Invece di offuscare i sensi, li acuiscono: ecco perché i cervelloni della Silicon Valley ne vanno pazzi. Le chiamano smart drugs o droghe intelligenti, altrimenti note come sostanze nootropiche (dal greco noos, mente e tropein, sorvegliare) droghe cioè in grado di potenziare le capacità cognitive e che un numero crescente di programmatori e sviluppatori di App ha imparato ad usare per aumentare la propria produttività.

Ma cosa sono esattamente le nootropiche? Si tratta per lo più di farmaci utilizzati nel trattamento di malattie neurodegenerative come il Parkinson, l’Alzheimer e la Sclerosi Multipla, per rallentarne il decadimento delle facoltà cognitive. In principio si sono diffuse tra gli studenti di Università prestigiose come Stanford e Berkeley, che ne facevano uso per arrivare lucidi agli esami dopo maratone di 48 o 72 ore di studio. E ora sono approdate anche nell’affollato e competitivo mondo degli startupper. Niente sballo psichedelico o evasione, tutt’altro: i geni dell’informatica le usano per hackerare le loro stesse menti e mettere il turbo, magari a ridosso di una scadenza. Per giorni si chiudono in ufficio senza mai allontanarsi dal pc, nutrendosi di cibo da asporto e smart drugs appunto.

L’invenzione delle pasticche intelligenti si deve a una casa farmaceutica belga, la Ucb, che nel 1964 sintetizzò per la prima volta un derivato dell’acido alfa-gammabutirico, uno dei principali neurotrasmettitori cerebrali. Il Piracetam è in grado di inluire sull’eccitazione e l’assopimento delle sinapsi ed è utilizzato nel trattamento della demenza, dell’Alzheimer e della schizofrenia. Altri farmaci simili sono il Ritalin, il Modafinil, le ampakines, l’Adderall, l’Aniracetam, il CILTEP e la metilcobalamina.

In pratica le nootropiche incrementano il rilascio di neurotrasmettitori, ormoni ed enzimi, migliorano l’ossigenazione e stimolano l’attivazione neuronale. L’effetto è un aumento della vigilanza corticale e della selettività della corteccia telencefalica del cervello.

Ma non tutte sono sintetiche. Ve ne sono anche in molti cibi che consumiamo abitualmente, in quelli ricchi di acidi grassi e nutrienti bioattivi. E c’è pure una vasta gamma di integratori dietetici a base di piante, tuberi, radici, fagioli e cortecce, note per i loro effetti nootropici.

Ma quali sono i rischi in un soggetto sano? Secondo uno studio della Drexell University del 2014, questi farmaci possono causare un’overdose di dopamina, glutammato e norepinerina. Nei giovani fino ai 25-30 anni, quando il cervello si sta ancora formando, i danni possono essere a lungo termine e dare l’effetto contrario a quello ricercato. “Individui sani corrono il rischio di superare i livelli ottimali di quelle sostanze e divenire iperdopaminergici o ipernoradrenergici, aggravando di conseguenza le espressioni comportamentali che stano cercando di migliorare”, scrivono i ricercatori della Drexel.

Intanto però non mancano le case farmaceutiche che puntano ad occupare il nuovo mercato delle droghe per cervelloni.

 

Gestione cookie