Parkinson: la caffeina può ridurre il rischio ma non rallenta la progressione

redazione salute
Pubblicato il 9 Giugno 2024 - 11:30
caffè

Caffè, foto ANSA

Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Caratterizzata da sintomi motori quali tremori, rigidità muscolare e difficoltà nei movimenti, la malattia può avere un impatto devastante sulla qualità della vita. Negli ultimi decenni, numerosi studi hanno indagato il ruolo della caffeina nel ridurre il rischio di sviluppare il Parkinson. Tuttavia, una questione aperta è se la caffeina possa rallentare la progressione della malattia una volta che essa si è manifestata.

Caffeina e rischio di Parkinson

Evidenze provenienti da studi epidemiologici suggeriscono che la caffeina potrebbe avere un effetto protettivo contro lo sviluppo del Parkinson. Ad esempio, uno studio pubblicato nei primi anni 2000 ha mostrato che le persone che consumano regolarmente caffeina hanno un rischio significativamente inferiore di sviluppare il Parkinson rispetto a chi non ne consuma. Questa scoperta è stata corroborata da ulteriori ricerche che hanno rilevato una correlazione inversa tra il consumo di caffè e l’incidenza del Parkinson.

La protezione offerta dalla caffeina potrebbe essere legata alla sua capacità di bloccare i recettori dell’adenosina nel cervello. L’adenosina è un neurotrasmettitore che inibisce il rilascio di dopamina. Bloccando questi recettori, la caffeina potrebbe aumentare indirettamente il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore cruciale per il controllo dei movimenti. Questa interazione potrebbe spiegare perché le persone che consumano più caffeina sembrano avere un rischio ridotto di sviluppare il Parkinson.

La caffeina non rallenta la progressione del Parkinson

Nonostante le prove che suggeriscono un effetto protettivo della caffeina contro lo sviluppo del Parkinson, il suo ruolo nel rallentare la progressione della malattia è meno chiaro. Uno studio recente pubblicato su Annals of Neurology ha esaminato se la caffeina possa migliorare i sintomi nelle persone che già soffrono della malattia. I ricercatori hanno concluso che, sebbene la caffeina possa influenzare alcuni aspetti della funzione cerebrale, non sembra migliorare i sintomi motori o rallentare la progressione del Parkinson.

Per comprendere meglio questa relazione, gli scienziati hanno reclutato 163 persone con malattia di Parkinson in fase iniziale e 40 controlli sani. Ogni partecipante è stato sottoposto a una scansione SPECT (tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli), una tecnica di imaging utilizzata per valutare la progressione del Parkinson. La SPECT misura il legame del trasportatore della dopamina nel cervello, un indicatore dell’attività dopaminergica. I risultati hanno mostrato che le persone con un elevato consumo di caffeina avevano un legame del trasportatore della dopamina inferiore rispetto a coloro che bevevano meno caffè. Tuttavia, questa riduzione non sembrava influenzare significativamente i sintomi motori.

Caffeina e imaging cerebrale: implicazioni cliniche

Una scoperta interessante dello studio riguarda l’effetto della caffeina sulle scansioni cerebrali. I ricercatori hanno osservato che il consumo di caffeina nelle ore precedenti una scansione SPECT può aumentare temporaneamente il legame del trasportatore della dopamina. Questo effetto potrebbe complicare l’interpretazione delle scansioni, soprattutto nei casi borderline. Attualmente, le linee guida cliniche non suggeriscono ai pazienti di evitare la caffeina prima di una scansione SPECT, ma i risultati dello studio potrebbero portare a una revisione di queste raccomandazioni.

Il professor Valtteri Kaasinen, autore principale dello studio, ha spiegato che questi risultati suggeriscono che potrebbe essere utile per i pazienti evitare il consumo di caffeina nelle 24 ore precedenti una scansione SPECT per garantire risultati più accurati. Tuttavia, ha anche sottolineato la necessità di ulteriori ricerche per confermare questi risultati e determinare le migliori pratiche cliniche.

Sebbene questo studio recente non abbia trovato prove che la caffeina possa rallentare la progressione del Parkinson, il suo ruolo nel ridurre il rischio di sviluppare la malattia rimane significativo. La ricerca futura potrebbe concentrarsi su una comprensione più approfondita dei meccanismi attraverso i quali la caffeina esercita i suoi effetti protettivi e su come questi meccanismi potrebbero essere sfruttati per sviluppare nuovi trattamenti per il Parkinson.

Inoltre, ulteriori studi potrebbero esaminare altre potenziali influenze della caffeina su diversi aspetti del Parkinson, come i sintomi non motori, che includono disturbi del sonno, depressione e problemi cognitivi. Poiché il Parkinson è una malattia complessa con una vasta gamma di sintomi, è possibile che la caffeina possa avere effetti benefici in aree non ancora completamente esplorate.