Sigarette elettroniche, leggi-Babele: in Brasile non si può, ma negli Usa sì

ROMA – Sigarette elettroniche, la babele delle leggi. In Austria e in Danimarca sono considerate presidio medico utile a chi vuole smettere di fumare. Proibite in Brasile, in Finlandia è vietata la pubblicità, e così via… Una babele di leggi che, fatta eccezione per gli Usa, per la maggior parte dichiarano guerra al business dello svapo, talvolta più per danni economici che alla salute. Ma le sigarette elettroniche fanno male oppure sono un prezioso alleato per chi vuole smettere di fumare? L’e-cig è un vero e proprio grattacapo per i legislatori di tutto il mondo. Fare luce sui reali effetti sulla salute, sui danni da vapore passivo, dare delle regole ad un mercato in esplosione, sembra dunque l’urgenza del momento. In Italia il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha sollecitato una riflessione sul fenomeno chiedendo l’intervento dell’Unione Europea. Ma volendo guardare alle posizioni degli altri Paesi, ci si imbatte in uno scenario a dir poco confuso e contraddittorio. Adriana Bazzi, a pagina 44 del Corriere della Sera, ci offre un compendio essenziale delle leggi attualmente in vigore:

In Austria, come in Danimarca, le sigarette elettroniche a base di nicotina sono considerate prodotti medicinali perché aiuterebbero a smettere di fumare; in Estonia, invece, sono illegali e in Finlandia la pubblicità è proibita. In Gran Bretagna si possono comperare liberamente e fumare anche nei luoghi pubblici; l’Italia, invece, ne vieta la vendita ai minori di 16 anni.
Negli Stati Uniti le regole variano da Stato a Stato e sono piuttosto restrittive: vendita vietata ai minori in Iowa e divieto di fumo elettronico vicino alle scuole nello Stato di New York, ma intanto l’University of California a Berkeley dice che sono preziose per ridurre i danni da fumo vero. In Brasile sono proibite, A Singapore è fuori legge anche l’uso personale. L’e-cigarette divide l’Europa e diventa un affare internazionale e legale: sono già cominciate le battaglie in tribunale fra industrie produttrici ed enti regolatori (soprattutto negli Stati Uniti).

E ora anche la Francia, che già nel 2011 ne scoraggiava l’utilizzo, ha aperto un’inchiesta per valutarne i rischi e i benefici. L’unica cosa che andrebbe accertata però è quanti e quali sono gli effettivi rischi per la salute degli svapatori. In Italia, dove i fumatori ”tradizionali” sono circa 12 milioni, si contano 400 mila ”svapatori”, ma secondo i produttori potrebbero diventare un milione entro la fine dell’anno. I negozi aperti in tutta Italia sono 1.500, per un giro di affari di 350 milioni di euro. In Germania gli svapatori sono anche di più, già 2 milioni, in Grecia, nonostante la crisi, sono 400 mila. Riconsegnarli al tabagismo per scetticismo, ancora scientificamente infondato, o per interessi economici, è tutt’altro che una soluzione.

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