Spermatozoi, la metà svanita: in 50 anni meno 1% l’anno. Giovani: un mld rischia l’udito per volume cuffiette

Vederla nera la sorte che verrà non aiuta e spesso danneggia, coltivar pessimismo aiuta invece per…la discesa. Ma quale il confine tra pessimismo e realismo? Perché anche l’ottimismo ad ogni costo, programmatico, obbligatorio e canone unico del buon pensare è alla fine e in sostanza carico di una disposizione dell’intelletto angusta, perfino un po’ beota. Allora, pessimismo o realismo?

Fertilità maschile tra 50 anni

Da mezzo secolo, da 50 anni filati gli spermatozoi diminuiscono in quantità nel seme e quindi diminuita ne risulta la fertilità maschile. Il rapporto non è diretto (a fecondare l’ovulo è uno spermatozoo uno) ma col calare del numero assoluto calano le probabilità che uno giunga alla destinazione finale. Il calo degli spermatozoi ripartito per anni risulta dell’un per cento della quota originaria ogni 12 mesi: 50 anni=meno cinquanta per cento. E tra altri 50 anni, allo stesso ritmo, allora spermatozoi a quota zero? Questione risolta nel senso di questione chiusa, the end per la riproduzione umana se non in vitro?

Qui è terra di pessimismo, puro e duro. Con la correlata sensazione di fine mondo sotto i nostri piedi e nei nostri prossimi giorni. Notizia quella della morte (alquanto suicida) dell’umanità alquanto prematura. Ma realismo è prendere atto che quelli che sono chiamati stili di vita sbagliati (cibo spazzatura-sedentarietà-medicalizzazione di ogni fase della vita-riaffermarsi del pensiero magico su quello razionale…) sono costanti crescenti della vita associata che determinano, provocano, accompagnano, anzi forse si manifestano tra l’altro proprio col calo degli spermatozoi. 

Ambiente avvelenato

Ogni giorno, ogni giorno da un paio di secoli. E da un paio di secoli ogni decennio i maniera più massiccia. Avveleniamo l’ambiente in cui come umanità viviamo. E siccome l’avvelenamento dell’habitat umano è la conseguenza, spesso la condizione, per il nostro star meglio economicamente qui e adesso e di habitat umano avvelenato dagli umani soffriremo e magari moriremo domani, dopodomani, tra un anno, un lustro, un decennio…Allora non siamo in grado (lo attesta il magrissimo risultato reale di ogni tentativo internazionale) di volerla davvero la fine dell’avvelenamento e degrado dell’habitat umano. Il pianeta se ne frega, non è lui che va salvato. Lui, il pianeta, resta anche in ipotetica assenza di umani. E’ il nostro habitat, nostro di umani, che andrebbe salvato. Ma come specie non sembriamo politicamente attrezzati alla bisogna. L’habitat in cui viviamo climaticamente, fisicamente, chimicamente peggiora dal punto di vista della vivibilità umana. Lo chiamiamo genericamente e un po’ ingenuamente inquinamento (come fosse solo uno sporcare e non un mutare) e inquinamento arriva fin nel corpo umano, nei suoi organi, nelle sue cellule, tra l’altro anche nel suo apparato riproduttivo. 

Un miliardo di giovani semi udenti?

Notizia parente (e neanche tanto alla lontana) di quella sul dimezzamento degli spermatozoi: un miliardo (!) di giovani sul pianeta danneggia il proprio udito. Sistematicamente, ogni giorno. Per qualche ora o porzione di ora. Quando ascolta musica (o qualsiasi cosa ascolti) ad alto volume tramite cuffiette alle orecchie. E’ vero, documentato, documentabile e in fondo anche alquanto ovvio. Ma se provi a dirlo ad un contemporaneo quello, tolte le cuffiette, ti guarderà come importuno menagramo e/o ipocondriaco in vena di proselitismo. Quale il confine tra pessimismo e realismo nella ignorata profilassi abbassa il volume, stacca le cuffie?

Come non ci fosse un domani

Eccolo il confine: la profilassi. La prevenzione del danno, il concepire beneficio differito. L’umanità contemporanea conosce il valore di ogni profilassi (medica-ambientale-sociale-politica-economica-etica) ma non è in grado di praticarle davvero. Anzi, coltiva e amoreggia con la rimozione (reazione umana tra le più diffuse in relazione all’ultima pandemia). E non rinuncia, anzi celebra i fasti del qui, maledetti e subito. Quanto a scelte politiche vanno alla grande quelle che non tollerano nessuna compatibilità con il reale. Gran parte della comunità umana contemporanea vive letteralmente come non ci fosse un domani. Se ne compiace e, per quanto può, dà una mano a che un domani non ci sia.

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