TORINO – Per la prima volta in Italia è stato effettuato con successo un trapianto di rene su una donna da un donatore dializzato per un blocco renale acuto.
I medici dell’ospedale Molinette, a Torino, hanno risolto quella che hanno definito “una situazione apparentemente proibitiva”: il rapido e gravissimo deterioramento dell’organo negli ultimi giorni di vita. L’intervento è di due settimane fa; la ricevente, una sessantenne in dialisi dal 2013 nel nefropatia con calcolosi a stampo, è già stata dimessa.
L’altro rene, grazie al Centro coordinamento trapianti diretto da Antonio Amoroso, è stato inviato a Novara, dove è stato impiantato su un secondo paziente. Il donatore era deceduto in un presidio sanitario piemontese per una patologia congenita. Durante il decorso in rianimazione si era avuto un “deterioramento generale”, con ricorso alla dialisi continua perché la funzione renale era peggiorata fino al punto di spegnersi completamente. Sembrava dunque non esserci rimedio.
Per il fegato, in effetti, il trapianto non è stato possibile. Ma per i reni si è deciso un approfondimento seguendo diversi percorsi: una biopsia, una valutazione della perfusione, il tentativo di rivitalizzazione in macchinario. “Un lavoro corale – spiega Luigi Biancone, direttore della Struttura complessa di nefrologia, dialisi e trapianto – motivato dal dovere di fare il massimo per realizzare il generoso desiderio di donazione. Ma che ha sempre tenuto come punto fermo la sicurezza del ricevente”.
La biopsia (realizzata dagli anatomopatologi di Mauro Papotti) ha fatto emergere segni di danno significativi ma potenzialmente regredibili. I parametri di perfusione hanno evidenziato una iniziale difficoltà di circolazione che però è stata migliorata dalla macchina, che ha riportato i reni in condizione per il trapianto. A procedere sono stati i chirurghi vascolari diretti da Maurizio Merlo, gli urologi di Paolo Gontero e gli anestesisti di Pier Paolo Donadio.
“Quella notte – sottolinea Biancone – abbiamo ragionato in tanti, tutti insieme, incrociando i dati. E la strategia si è rivelata vincente”. La paziente, dopo il trapianto, è stata seguita con schemi farmacologici dedicati a favorire la ripresa dell’organo. Ha ripreso a orinare dopo qualche giorno – come previsto – e successivamente la funzione renale è salita a livelli ottimali. “Questo risultato – osservano i responsabili dell’azienda sanitaria – apre nuovi scenari. La valutazione approfondita dei reni può evitare di perdere preziose occasioni di cura”.