Vaccini vanno lenti, varianti vanno veloci, voglia di aprire va ancora contromano

Vaccini vanno lenti e forse molto più velocemente non potrebbero andare, anche al netto di incertezze, previsioni errate e un po’ di confusione organizzativa. Il passo della vaccinazione di massa in Italia è tale che nei prossimi mesi decine di migliaia di vite saranno salvate ma la fine, o almeno la resa, per via di vaccini del coronavirus non è per quest’anno e neanche per il prossimo.

Vaccini lenti: immunità di comunità (gregge) oltre l’orizzonte visibile

Perché (calcola l’immunologa Antonella Viola) se sommi quel che manca in termini di efficacia ad AstraZeneca (38% dei vaccinati), aggiungi tutti gli under 16 anni, aggiungi ancora chi non vorrà vaccinarsi, il risultato finale, ammesso e non concesso ci sia stato vaccino per tutti entro il 2021, è che il 70 per cento della popolazione non sarà a fine anno vaccinata a tutti gli effetti. Questo vuol dire che coronavirus e Covid ci saranno ancora. Contrastati, in ritirata. Ma ci saranno ancora. Con una incognita.

Vaccini lenti: la pressione selettiva

L’incognita è: che fare il virus man mano che sarà circondato da organismi umani vaccinati contro di lui? Una delle possibilità è che sotto questa pressione sviluppi una selezione, selezione nel suo mutare. E cioè che il naturale e costante mutare del virus acceleri a cercare appunto la mutazione che dà al virus sopravvivenza anche in una popolazione vaccinata.

Può accadere nella forma felice di un reciproco adeguarsi del virus e dell’organismo umano. Insomma coronavirus circondato da umani vaccinati si fa malattia meno molesta e meno letale, diventa il famoso super raffreddore fra cinque. dieci anni. Può accadere invece che la pressione selettiva porti a mutazione più aggressiva verso l’organismo umano nel resistere al vaccino. Di certo l’effetto della pressione selettiva su coronavirus è una variante al momento ignota.

Varianti Covid, il passo veloce del virus

Variante inglese, scozzese, brasiliana, sudafricana...molti nomi per una costante: in varie parti del mondo si riscontrano mutazioni del virus che hanno come prima evidenza una maggiore capacità di infettare, e questo in un virus che ha già l’alta contagiosità tra le sue caratteristiche originali. L’Europa è punteggiata di focolai o peggio di varianti. Accade anche in Italia, in misura difficile da quantificare perché le varianti le cerchiamo relativamente poco e da poco tempo. Fatto sta che ci sono zone, per ora piccole, del paese dove il contagio si è esteso con velocità quasi fulminea.

Miozzo: ristoranti aperti la sera se…

Agostino Miozzo, cioè il Cts, ha descritto la difficoltà della situazione sociale e sanitaria. Il ritmo attuale del contagio (ancora ieri in risalita) richiederebbe un lockdown totale di un paio di mesi. Ma questo lockdown non è socialmente possibile. Eppure la configurazione del necessario necessariamente impossibile si ripropone ad ogni passo. Dice Miozzo: ristoranti aperti la sera, perché no? A condizione che le piazze siano vigilate e sgombrate da assembramenti da uomini in divisa, fosse anche l’esercito.

Si può davvero impedire che fuori e dentro bar, ristoranti e locali la gente si scambi il virus (anche ammesso e non sempre concesso che dentro i locali gestori e clienti rispettino le misure anti contagio)? La risposta è no. O almeno finora la risposta è stata no, è materialmente impossibile. Quindi, al di là dei proclami e delle buone volontà, la voglia di riaprire qui e adesso, al massimo domani, piscine, palestre, cene, piste di sci e ogni altro che soffre chiusure è una voglia che va contromano.

Prima del primo lockdown Rt pari a 3, cioè raddoppio dei contagi ogni 6,6 giorni. Dopo lockdown Rt 0,6. Ferragosto di estate aperta, Rt a 1,5. Settembre Rt a 1,8. Chiusure d’autunno-inverno, Rt sotto l’uno. Riaperture dopo le festività natalizie, Rt in risalita. Non si sfugge a questa altalena. Chiudere ha un prezzo, aprire ha un prezzo. Cambia, diversa è la moneta in cui lo si paga.

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