La nuova variante sudafricana C.1.2 del Covid assomiglia a Beta e Delta. Ma gli studiosi che la stanno analizzando tema possa sfuggire all’effetto dei vaccini.
Variante sudafricana C.1.2
E’ comparsa una nuova variante sudafricana del Covid. Si chiama C.1.2 e presenta alcune mutazioni simili a quelle viste in alcune varianti finora note, più altre mutazioni. A segnalarla su medrXiv (sito che raccoglie gli studi non ancora sottoposti vaglio della comunità scientifica) è l’Istituto sudafricano per le malattie infettive (Nicd).
La nuova variante è stata rilevata per la prima volta lo scorso maggio in tutte le province sudafricane con una frequenza relativamente bassa (fino al 2%). L’Organizzazione mondiale della sanità e il Dipartimento di salute sudafricano hanno emesso un allerta lo scorso luglio sulla sua circolazione di questa variante. E il network sudafricano per la sorveglianza genomica Ngs-Sa sta continuano a monitorarne la frequenza e testarla per valutarne l’impatto.
La variante sudafricana assomiglia a Beta e Delta
Finora non ha i requisiti, stabiliti dall’Oms, per essere definita una variante d’interesse (voi) o variante preoccupante (voc). Nel suo genoma sono state osservate mutazioni già viste nelle varianti Beta e Delta più altre nuove. C.1.2. è un’evoluzione dalla variante C.1, una di quelle che aveva dominato nella prima ondata di infezioni da Covid in Sudafrica, e rilevata per l’ultima volta lo scorso gennaio.
C.1.2, oltre al Sudafrica, è stata trovata anche in Africa, Europa, Asia e Oceania. “Siamo ancora cauti sulle sue implicazioni circa la trasmissibilità ed effetti. Stiamo raccogliendo più dati per capire meglio. Sulla base di quello che sappiamo su questa variante, sospettiamo che potrebbe essere in grado di sfuggire, parzialmente, alla risposta immunitaria. Tuttavia, i vaccini offrono ancora alti livelli di protezione contro ricoveri e morti”, scrive il Nicd.
La variante sudafricana può sfuggire ai vaccini?
La variante presenta alcune mutazioni sulla proteina spike, già osservate in altre varianti preoccupanti e associate ad una maggiore trasmissibilità del virus e una ridotta azione immunitaria. Tuttavia, concludono gli studiosi, è improbabile che influisca in senso negativo sulla sensibilità dei tamponi molecolari. La sorveglianza è alta per capirne trasmissibilità e capacità di sfuggire ai vaccini.