Varianti innocenti fino a prova contraria, se lo dice Burioni... Varianti innocenti fino a prova contraria, se lo dice Burioni...

Varianti Covid innocenti fino a prova contraria, se lo dice il virologo Burioni…

Varianti coronavirus, individuate e conteggiate ce ne sono almeno seicento, chissà quante altre non ancora sequenziate in laboratorio e chissà quante altre ne produrrà ancora il virus. Nell’individuazione delle varianti che virus sempre produce si miscelano natura e scienza, nella comunicazione sulle varianti si miscelano informazione e fiction. Insieme ad alcune ipotesi di lavoro e ricerca sulle varianti, viene soprattutto comunicato uno stato d’animo che può riassumersi in un: “mamma, le varianti!”.

Le varianti fanno più morti

Non c’è prova, non c’è evidenza. A meno di non confondere se stessi e la pubblica opinione. E’ ipotesi fondata (ma al momento solo ipotesi) che variante inglese ad esempio determini maggior quantità di contagio. A maggior quantità di contagio corrisponde maggior numero assoluto di decessi. Ma non perché variante abbia letalità maggiore. Se mortalità è 1 su 100, con cento contagi si ha un decesso. Con 200 contagi i decessi son due. Ma la letalità, la “cattiveria” del virus originario e della variante restano le stesse. 

Le varianti aggirano i vaccini che diventano acqua fresca

Non c’è prova, men che mai evidenza. Lo scoppiettare e il riprodursi di questa immaginata certezza sembra una forma spuria assunta dalla diffidenza, se non ostilità preconcetta, verso i vaccini. Un’ansia sottesa di dichiarare i vaccini inutili, una voglia di catastrofismo. Voglia da parte di chi? Soprattutto da parte del sistema mediatico informativo. Che non ce la fa, neppure operando in ottima fede, a trattare questioni di scienza come cosa diversa e aliena dalla cronaca (?) politica e dalla spettacolarizzazione della cronaca.

Il sistema mediatico informativo, insomma i giornali, le tv, le radio, le agenzie di stampa non ce la fanno a  non usare il retroscena, a non praticare il culto della parola che fa titolo, perfino il metodo del giornalismo (?) intervista per strada e al citofono. Non c’è talk-show senza almeno un sotto segretario ospite (speriamo che il governo Draghi desertifichi queste ospitate), quindi non c’è collegamento e contenitore tv senza virologo-epidemiologo-medico cui far dire qualcosa sulle varianti e poi su quel qualcosa costruire un narrare, narrare, narrare…

Processo alle varianti

Non è per cattiva volontà, è che il sistema comunicazione informazione è fatto così: odia la complessità e la scienza, anzi la realtà, sono per definizione complesse. Non accetta risposte che non siano un sì o un no e invece la ricerca scientifica e la natura delle cose non stanno dentro il sì o no e null’altro. E poi il sistema comunicazione informazione ama fare processi. Poi quasi sempre se ne dimentica in fretta, ma ora è il tempo del processo alle varianti. Varianti del coronavirus che, per dirla con il virologo Burioni, sono innocenti fino a prova contraria. 

La questione tempo

Quanto dura l’immunità data dal vaccinarsi? Quanto dura l’immunità data dall’aver contratto il Covid ed esserne guarito? E per quanto tempo? Quanto tempo può dirlo solo il tempo: uno o due anni dopo il vaccino si saprà se immunità da vaccino dura uno, due anni o più o meno. Nel frattempo si fa ricerca nei laboratori e sul campo. Senza il tempo ci sono domande sul tempo della pandemia che non possono avere che ipotesi di risposta. Ma comunicazione informazione non ha tempo, il tempo sembra non conoscerlo. Sono già dimentiche di ieri, dello ieri di se stesse e sono intolleranti di qualunque cosa non sia oggi, qui, adesso. Per cui si orientano e si fissano sulla superficie immediata, con grande possibilità di confondere ammasso di alghe con balena e viceversa.

La questione sono i vaccini, non le varianti

O vaccinati entro l’anno oppure terzo anno di Covid, questa è la questione con la super maiuscola. Trecentomila al giorno la media di vaccinazione minima (!) richiesta per avere in estate una quota accettabile di italiani vaccinati. Finora tra i 50 e i 100 mila vaccinati al giorno. Ora, finalmente si vanno ad attrezzare caserme, si mobilitano le Forze Armate, si chiama la Protezione Civile, ci si appresta a coinvolgere la rete dei medici di famiglia. Vaccinare, vaccinare, vaccinare è l’unica per la salute e per l’economia.

Non è scontato in un paese dove non sono mancati lai indignati all’idea che teatri e cinema chiusi fossero usati come centri vaccinali, lai di intellettuali corporazioni. Non è scontato in un paese dove, questa la realtà, governo Conte aveva affidato la vaccinazione di massa a quel che c’è in tema di Pubblica Amministrazione, pubblici servizi, pubblica burocrazia. Ci son voluti quasi tre mesi, ora finalmente sembra sia chiaro che la macchina ordinaria dello Stato più o meno Regioni non è in grado dell’impresa straordinaria. Prima o poi se ne accorgerà anche il sistema della comunicazione-informazione, magari quando avrà finito di processare, rigorosamente senza prove a carico o discarico, le varianti

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