Se è di mattoni il delitto paga: l’hotel abusivo che chiede i danni allo Stato

CAGLIARI – Il delitto alla fine paga. Ci vorrà magari del tempo, ma state certi che alla fin fine aver infranto la legge, infischiaresene delle sentenze, sommato ad una discreta faccia tosta, darà i suoi frutti. O almeno questo è quello che insegna la storia dell’hotel Baia delle Ginestre. Costruito abusivamente su una spiaggia sarda, il complesso, secondo tutte le sentenze, doveva essere demolito. I proprietari hanno fatto finta di niente continuando a ricevere clienti, e percependo  utili e poi, non paghi, hanno chiesto i danni, perché ritenevano di non dover essere loro a pagare per la demolizione. Si accontentano di poco, appena 116 milioni di euro chiesti al Comune di Teulada e alla Regione Sardegna. La storia è illuminante per capire come mai l’Italia sia il Paese europeo marcato dall’abusivismo più devastante. Non è tutti merito dei condoni, la nostra legislazione e l’italica faccia tosta ci mettono del loro.

Tutto inizia nei primi anni ‘90, quando i fratelli Guido, Emilio, Fernando e Renato Antonioli tirano su a Portu Malu, sulla costa di Teulada, un albergone che la stessa pubblicità attuale su Internet declama con parole invitanti: «Il Resort Hotel Baia delle ginestre sorge direttamente sul mare in posizione panoramica». Uno straccio di autorizzazione a costruire i fratelli lo hanno, ma per un tot di metri cubi. Già che ci sono, diranno i verdetti della magistratura, si fanno prendere un po’ la mano. Aggiungendo illegalmente, come denunciano gli ambientalisti, un paio di piccole migliorie: «un parcheggio coperto, un fabbricato-alloggio del personale, un campo da tennis, un ampliamento del ristorante, un vascone, una cabina Enel, locali-servizio, la reception del complesso alberghiero, un comparto alberghiero da 100 camere, una piscina con locale-filtri, una piattaforma-pizzeria, tre baracche di legno, una pista di accesso alla spiaggia, tre pontili galleggianti, una barriera frangiflutti per appena 15.600 metri cubi complessivi». Ma se le cose bisogna farle bisogna farle bene, o no?

Per primo se ne occupa il pretore: demolizione e ripristino ambientale. Poi la Corte d’Appello di Cagliari: demolizione e ripristino ambientale. Poi la Cassazione: demolizione e ripristino ambientale. Assolti i tre gradi di giudizio,«le strutture abusive vennero dissequestrate per consentire la demolizione da parte dei condannati. Demoliscono? Neanche per sogno: come se niente fosse, il complesso venne riaperto e la società di gestione incassa per anni miliardi di vecchie lire su un patrimonio ormai divenuto pubblico.

Leggendo storie simili ci si sente sempre un po’ fessi pensando a quando, appena arriva una multa per divieto di sosta, corriamo a pagarla prima che scada. Cinque anni di battaglie legali, politiche, ambientaliste e finalmente nel giugno del 2001, dopo una seconda sentenza della Cassazione che spazzava via gli ultimi ricorsi contro le demolizioni, finalmente arrivano le ruspe e per abbattere le opere abusive. Ma i padroni dell’albergone, i fratelli Antonioli, sapevano però bene che in Italia, paese del cavillo, non è definitiva neppure una sentenza definitiva della Cassazione. E anche quando le sentenze della Cassazione sono due non è ancora detta l’ultima parola. Ed ecco che l’anno dopo un altro verdetto della stessa Cassazione aggiunge un’altra puntata alla storia, rinviando nuovamente gli atti alla Corte d’appello di Cagliari. La questione è chi dovesse pagare il ripristino dell’ambiente stravolto dal calcestruzzo. Morale della favola: dopo 15 anni dalla prima ordinanza di demolizione, dopo 13 dal fallimento della società «Baia delle ginestre s.p.a.» (rilevata nel 2006 nella gara fallimentare dalla Regina Pacis s.r.l. appartenente per assoluta coincidenza allo stesso gruppo Antonioli), dopo 10 dagli abbattimenti, dopo 9 dalla terza sentenza della Cassazione, la vicenda è ancora aperta, con i costruttori abusivi che ora chiedono i danni allo Stato. Se non ci fosse da piangere, verrebbe da ridere.

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