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AI, intelligenza artificiale: come il copyright protegge gli originali? Questione complessa, vecchia come il mondo

AI, intelligenza artificiale e il problema del copyright. Quando si parla di Intelligenza Artificiale (IA) generativa, le leggi sul copyright che tutelano chi crea un’opera dell’ingegno in qualunque sua forma espressiva possono risultare di difficile applicazione.

In fondo la storia della letteratura, dagli albori della scrittura, è tutto un seguirsi di incorporazioni di opere più antiche, un saccheggio di parole e frasi, dalla Bibbia a Omero.

L’IA o AI generativa è una tecnologia nuova a cui stiamo ancora dando un senso e questo stato di cose giustifica in parte queste contraddizioni e dubbi. Secondo un recente articolo del NY Times, non sono molti i legislatori che osano addentrarsi in questo ambito in quanto la materia è ancora materia incomprensibile ai molti.

Quando si pensa all’IA e al copyright due sono le categorie di problemi che possono riscontrarsi:  

  1. La formazione dell’IA su opere protette da copyright e laddove se ne faccia un uso corretto;
  2. Se i contenuti generati dall’IA possono essere protetti dal diritto d’autore.
  3. Uso corretto dei dati di formazione

La prima categoria si riferisce all’utilizzo di dati come addestratori di modelli di intelligenza artificiale. Su questa questione sono iniziate le prime cause legali.

Tre artisti sostengono che, senza autorizzazione preventiva o compenso di alcun genere, Stability AI, Midjourney e DeviantArt abbiano utilizzato loro immagini protette da copyright proprio con la funzione di addestratori dei loro modelli di intelligenza artificiale.

Un’altra causa è quella intentata da Getty Images contro la Stability AI per una presunta violazione del copyright e quella di due programmatori contro OpenAI, Microsoft e GitHub accusati di aver utilizzato il loro codice senza la dovuta licenza per addestrare lo strumento di codifica Copilot AI.

È probabile che in assenza di un salto di qualità nello stabilire quando e come si possano utilizzare immagini e prodotti coperti da copyright le azioni legali siano destinate ad aumentare.

Ma quando si può parlare di uso corretto?

Daniel Gervais, professore alla Vanderbilt Law School e specializzato in diritto della proprietà intellettuale, afferma che l’utilizzo corretto dipenderà dallo scopo o dalla natura dell’uso e dall’impatto che questo avrà sul mercato. Dunque, sul modo in cui si utilizza il risultato.

In ogni caso l’uso prettamente commerciale dell’IA richiede attenzione massima perché il confine tra ciò che è corretto e ciò che non lo è davvero molto.

Tra le molte difficoltà, inoltre, si identifica anche l’utilizzo di contenuti sintetizzati, derivati cioè da una varietà di elementi desunti dalle opere di diversi creatori.

Determinare una linea di confine chiara tra ciò che è lecito e ciò che non lo è sarà molto importante. Interessante sarà vedere cosa emergerà dalle cause legali e dalle sentenze che saranno emanate che, sicuramente, faranno scuola giuridica.

  1. Contenuti generati dall’IA protetti dal diritto d’autore

Alla domanda se i contenuti generati dall’IA possono essere protetti dal diritto d’autore, la risposta è no.

È questa la posizione sostenuta dall’Ufficio statunitense per il diritto d’autore che continua a respingere le richieste di copyright per le opere d’arte utilizzate dall’IA sostenendo che l’arte generata “non ha la paternità umana necessaria per sostenere una richiesta di copyright”.

Ad oggi, dunque, i contenuti prodotti dall’IA sono di dominio pubblico e possono essere liberamente utilizzati senza il pericolo di incorrere in una violazione del copyright. L’utente, infatti, non ne è proprietario e il contenuto non è protetto.

Cosa significherà questo, tanto in termini pratici quanto giuridici, mano a mano che aumenteranno i contenuti generati dall’IA sul web sarà tutto da capire.

Se da un lato, dunque, in alcuni settori, la tecnologia rischia di essere sempre un passo avanti rispetto alla regolamentazione delle questioni ad essa connesse, dall’altro, le cause legali possono risultare utili motori di progresso.

E questo è particolarmente vero per il settore dell’IA dove, secondo esperti, già in passato la regolamentazione ha contribuito a migliorare e far progredire determinati servizi. Fu questo il caso, per esempio, del programma Napster creato da Shawn Fanning e Sean Pareker. Attivo dal giugno 1999 venne poi acquisito da Roxio che lo trasformò in un servizio legalizzato a pagamento e questo, di fatto, fu un vero e proprio trampolino di lancio per lo streaming musicale legale.

È possibile, dunque, che problemi, dubbi e questioni legali sollevati in merito all’utilizzo di tecnologie come quelle di ChatGPT, Midjourney e DALL-E2 portino alla definizione di best practices e linee guida etiche per l’intelligenza artificiale, contribuendo tanto a rendere la regolamentazione in materia più chiara quanto a migliorarne utilizzo e servizi per gli utenti.

 

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