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Albero genealogico svela come gli europei colonizzarono il mondo

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Albero genealogico svela come gli europei colonizzarono il mondo

ROMA – Un mega “albero genealogico” di 11 generazioni ha rivelato come, negli ultimi 500 anni, gli occidentali abbiano colonizzato il mondo.

In un sito web di genealogia, gli scienziati hanno esaminato 86 milioni di profili e scoperto una “famiglia” di 13 milioni di persone provenienti in prevalenza provenienti dall’Europa e dal Nord America.

Osservando i loro dati genetici, sono stati in grado di realizzare una visualizzazione delle migrazioni, la durata della vita e scoprire il momento preciso in cui hanno smesso di sposarsi tra cugini.

Per lungo tempo si è ritenuto che le persone dell’ovest avessero smesso di sposare i parenti stretti nel 19° secolo, ossia nel momento in cui il trasporto ha reso possibile di percorrere distanze maggiori. I dati genetici, tuttavia, indicano che le persone hanno mantenuto il matrimonio tra consanguinei nei successivi 50 anni.

La tendenza scompare intorno al 1875 e gli scienziati ritengono che ciò sia in gran parte dovuto alle influenze culturali che, all’epoca, hanno reso la consanguineità socialmente inaccettabile.

“L’albero genealogico mostra che siamo tutti imparentati l’uno con l’altro”, ha detto Peter Visscher, un genetista quantitativo dell’University of Queensland che non ha partecipato allo studio.

Per realizzare il mega albero genealogico, i ricercatori hanno scaricato 86 milioni di profili pubblici da Geni.com, un sito di genealogia di proprietà di MyHeritage.

Dopo aver scaricato queste informazioni non elaborate, gli esperti si sono assicurati che non includessero risultati biologicamente impossibili, come ad esempio persone con tre genitori.

Ciò ha permesso loro di eseguire degli algoritmi per analizzare le informazioni, rivelando modelli e tendenze in precedenza nascosti.

Dai dati puliti, incentrati principalmente su persone originarie dell’Europa e del Nord America, i profili interconnessi hanno iniziato a convergere in un enorme albero di 13 milioni di persone e circa l’85% proviene dal mondo occidentale.

“Gli utenti possono creare profili e risalire al proprio albero genealogico e ciò che lo rende davvero unico è che Geni scansiona i profili per somiglianze e, se vede una corrispondenza con una persona, unisce gli alberi”, ha detto la ricercatrice Joanna Kaplanis del Wellcome Sanger Istitute.

“Per cui, se la stessa persona appare in più alberi, le sarà proposto di fondersi a questi alberi”.
I ricercatori hanno determinato la posizione di nascita tra i mariti e le mogli e successivamente seguiti nel corso del tempo.

Hanno scoperto che prima della rivoluzione industriale la maggior parte degli americani sposava una persona che viveva nel raggio di 9 km circa dal posto in cui erano nati, probabilmente un cugino di quarto grado.

Dopo la rivoluzione industriale, le persone iniziarono a recarsi in luoghi più lontani.

Ma curiosamente, i ricercatori hanno rilevato che tra il 1800 e il 1850, la gente viaggiava come non mai, in media quasi 19 km, per trovare un partner, ma avevano ancora più probabilità di sposare un cugino di quarto grado o più stretto.

“Anche quando le persone hanno iniziato a spostarsi, c’era chi ancora nei successivi 50 anni, si univa in matrimonio con un parente. Sembra che a cambiare quella norma, siano state le differenze culturali”, ha affermato Kaplanis.

Un altro aspetto dello studio era capire se la longevità dipendesse in gran parte dai geni o dalle scelte di vita. Per provare a districare il ruolo della natura e della cultura, i ricercatori hanno realizzato un modello computerizzato e lavorato su un set di dati di tre milioni di parenti nati tra il 1600 e il 1910 che avevano vissuto oltre i 30 anni.

Hanno escluso i gemelli, le persone morte durante la guerra civile americana, la Prima e la Seconda guerra mondiale o in un disastro naturale e dedotto se i parenti morivano entro 10 giorni l’uno dall’altro.

Hanno confrontato la durata della vita di ogni individuo con quella dei loro parenti e scoperto che nella longevità, la genetica gioca un ruolo minore rispetto alle scelte di vita.

“I risultati indicano che buoni geni di longevità possono prolungare la vita di una persona in media di cinque anni. Non è molto”, ha affermato il dott. Erlich.

Precedenti studi hanno dimostrato che il fumo toglie 10 anni di vita. Ciò significa che alcune scelte di vita potrebbero incidere più della genetica.

Lo studio mostra inoltre che i geni che influenzano la longevità agiscono in modo indipendente, non interagiscono l’uno con l’altro, è un fenomeno chiamato epistasi.

Alcuni scienziati hanno usato l’epistasi per spiegare perché studi su larga scala del genoma non hanno finora scoperto i geni che codificano tratti complessi come l’intelligenza o la longevità.

Se alcune varianti genetiche agiscono insieme per influenzare la longevità, i ricercatori avrebbero visto invece una maggiore correlazione dell’aspettativa di vita tra individui strettamente imparentati che condividono più DNA e quindi più interazioni genetiche.

Tuttavia, hanno trovato un legame lineare tra longevità e parentela genetica.

Per verificare che il set di dati fosse rappresentativo della popolazione generale degli Stati Uniti, i ricercatori hanno verificato il sottoinsieme del Vermont su Geni.com con profili relativi al registro di morte dello Stato.

“Esiste un pregiudizio geografico in quanto la maggior parte degli utenti proviene dall’Europa o dagli Stati Uniti, per cui non abbiamo una visione globale”, ha affermato Kaplanis.

“Tuttavia, per testare questo pregiudizio socio-economico abbiamo raccolto i certificati di morte dal dipartimento della salute del Vermont e abbinati ai dati dell’albero”, ha affermato.

I ricercatori hanno ottenuto ogni certificato di morte rilasciato nello stato del Vermont dal 1985 al 2000, per un totale di quasi 80.000 documenti.

“Attraverso il duro lavoro di molti genealogisti incuriositi dalla loro storia familiare, abbiamo realizzato un enorme albero genealogico, qualcosa di unico”, ha detto la Erlich.

“È un momento emozionante “, ha dichiarato Melinda Mills, demografa dell’University of Oxford che non è stata coinvolta nello studio.

“Dimostra come milioni di persone appassionate di genealogia possano contribuire in modo determinante alla scienza”.

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