Il caso di Davide Perta, il ragazzo ciliaco ed poliallergico morto dopo aver mangiato del gelato contenente glutine in un ristorante nel foggiano, è solo la punta dell’iceberg di quello che il quotidiano Repubblica definisce “ristoranti-trappola”.
Per chi soffre di allergie infatti ogni boccone potrebbe essere una minaccia. Mille domande al cameriere sugli ingredienti dei piatti e il timore che il proprio problema venga sottovalutato, perchè forse non sanno che di allergie alimentari si può morire.
Per gli allergici gravi mangiare al ristorante è quindi difficile. “Purtroppo molti esercizi sono impreparati e la normativa non è adeguata, così quasi tutti i malati restano a casa”, dice Marcia Podestà, presidente dell’associazione Food Allergy Italia: “È previsto che i ristoratori diano informazioni sulla presenza di sostanze allergeniche, ma più che altro bisognerebbe insegnare loro come evitare le contaminazioni. E prevedere dei menu con scritti tutti gli ingredienti dei piatti”.
Il problema dell’allergia agli alimenti, o meglio alle proteine in questi contenute, è diffusissimo. Sono circa 6milioni gli Italiani il cui sistema immunitario reagisce di fronte alla pesca, ai latticini, ai crostacei. Circa il 10% di loro hanno una forma grave della malattia, che può portare alla morte per shock anche dopo l’assunzione di una piccola quantità dell’alimento nei confronti del quale sono ipersensibili. Sono tutelati dalle norme sulle etichette dei prodotti confezionati, su cui bisogna scrivere se contengono tracce di allergeni come le mandorle o le noccioline, ma quando vanno al ristorante vengono lasciati a se stessi.
Per loro non sono ancora previste le regole in vigore per i celiaci, colpiti ugualmente da una malattia autoimmune che si attiva dopo l’assunzione di un elemento naturale, il glutine, ma con meccanismi diversi. I locali con menu dedicati a chi ha la celiachia ci sono e stanno aumentando. La legge prevede corsi specifici per i cuochi. Ma i celiaci non rischiano la morte improvvisa se sgarrano, così come, generalmente, coloro che soffrono di intolleranze alimentari non legate a problemi del sistema immunitario.
“Si tratta di persone che hanno problemi enzimatici o legati alla presenza nei cibi di additivi o sostanze attive come l’istamina”. A parlare è Donatella Macchia, del direttivo nazionale della Società italiana di allergologia clinica ed esperta di allergie alimentari. “Purtroppo le associazioni di pazienti con il problema di cui mi occupo non sono forti come quelle dei celiaci. C’è forse meno consapevolezza da parte degli stessi malati. Il vero allergico, che ha avuto una diagnosi corretta in un centro specializzato, talvolta si perde tra un mare di gente che non ha una patologia così importante. Nei ristoranti o nelle mense scolastiche arrivano persone che dicono di aver problemi con questo o quell’alimento solamente perché lo digeriscono con difficoltà”.
L’Italia è molto più indietro di altri paesi europei. “Invidio la normativa della Svezia – dice Paola Minale, allergola di Genova che fa parte di Federasma – Lì in tutti i ristoranti l’allergico viene accolto da una persona che lo segue per tutta la cena, controllando che scelga un menu adeguato e che in cucina siano fatte le cose per bene. I cuochi vanno formati, come esistono le norme per l’igiene devono esserci quelle per assicurare un pasto sicuro agli allergici. Abbiamo fatto incontri con alcuni ristoratori e mi sembrano ben disposti. Anche perché ormai in ogni tavolata ci sono due o tre persone con problemi diversi. Il ministero ha da poco istituito una commissione per definire delle linee guida proprio riguardo agli esercizi pubblici”.