Appennino centrale, come è cambiato in 3mila anni: il ruolo di clima e...uomo Appennino centrale, come è cambiato in 3mila anni: il ruolo di clima e...uomo

Appennino centrale, come è cambiato in 3mila anni: il ruolo di clima e…uomo

Appennino centrale, come è cambiato in 3mila anni: il ruolo di clima e...uomo
Appennino centrale, come è cambiato in 3mila anni: il ruolo di clima e…uomo

ROMA – Come è cambiato l’Appennino centrale in 3mila anni? La risposta arriva dai laghi del bacino di Rieti, dove i ricercatori dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia insieme agli scienziati americani dell’Università del Nevada hanno studiato i fondali, individuando come i cambiamenti climatici e la presenza dell’uomo ha influenzato la trasformazione del territorio. Un risultato che è stato possibile grazie all’ecologia storica e alla ricerca stratigrafica integrata.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Report di Nature. I ricercatori hanno eseguito dei carotaggi dal fondo dei laghi del bacino di Rieti, lago Lungo e di Ripasottile, come ha spiegato Leonardo Sagnotti, direttore del Dipartimento Ambiente dell’Ingv:

“Da queste carote di sedimento è stato possibile effettuare misure e analisi, ad alta risoluzione, sulle proprietà magnetiche, la composizione chimica, le caratteristiche sedimentologiche e sul contenuto in pollini dei sedimenti”.

La stratigrafia del bacino di Rieti ha potuto fornire indicazioni sull’evoluzione del paesaggio nel corso degli ultimi tre millenni e sul ruolo che hanno avuto i cambiamenti climatici e i cambiamenti sociali, spiega ancora Sagnotti:

“La datazione della sequenza sedimentaria esaminata si è basata non solo sulla presenza di caratteristici indicatori radiometrici, come gli isotopi radioattivi Cesio 137 (137Cs) e Piombo 210 (210Pb), riconosciuti nella parte più recente della sequenza, ma anche sul reperimento di pollini di specie caratteristiche, come lo Zea mays (portato in Europa dopo la scoperta delle Americhe e introdotto in Italia tra il 1700 e il 1750), e sulla registrazione delle passate variazioni del campo magnetico terrestre, ricostruite sulla base delle misure effettuate presso il laboratorio di paleomagnetismo dell’INGV di Roma”.

I risultati ottenuti hanno permesso di scandire la successione temporale degli eventi, individuati dalla variazione della vegetazione e del paesaggio. Fabio Florindo, dirigente di ricerca dell’Ingv, ha spiegato:

“La ricerca coadiuvata dalle fonti storiche sull’Italia centrale e dalla documentazione geologico-stratigrafica, evidenzia che i maggiori cambiamenti nella vegetazione e nel paesaggio, durante gli ultimi tre millenni, sono il risultato sia di variazioni naturali (cambiamenti climatici ed eventi sismici) sia di cambiamenti sociali (alternarsi delle popolazioni, pestilenze, cambiamenti nelle tecniche agricole e di gestione del patrimonio boschivo)”.

Sono soprattutto i cambiamenti sociali, che riflettono l’alternarsi delle priorità sociopolitiche al variare delle popolazioni, che hanno gestito il territorio intorno a Rieti (dai romani, ostrogoti, longobardi, carolingi, fino all’epoca contemporanea), con impatti che hanno condizionato progressivamente l’evoluzione storica successiva. La ricerca mette in evidenza come le trasformazioni sociali e culturali hanno avuto, nel corso degli ultimi tre millenni, un impatto sul territorio di entità paragonabile – o anche maggiore – a quelle legate ai cambiamenti climatici e che la riorganizzazione del paesaggio vegetale, a seguito dei maggiori eventi naturali e sociali, avviene rapidamente su scala temporale di decine di anni.

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