Borexino, con il rivelatore del laboratorio del Gran Sasso nuovi dati sul Sole

Borexino, con il rivelatore del laboratorio del Gran Sasso individuati due neutrini che derivano dalle reazioni di fusione nucleare del Sole.

Per la prima volta in assoluto, gli scienziati hanno individuato due neutrini – particelle elementari prive di carica elettrica e con una massa estremamente piccola – che derivano dalle reazioni di fusione nucleare del Sole.

A dare la notizia è space.com.

L’autrice dell’articolo, Diane Lincoln, aggiunge che i risultati sono frutto dell’esperimento col Borexino, un rilevatore attivo dal 2007 che si trova nei laboratori Nazionali del Gran Sasso, in Abruzzo, sotto 1400 metri di roccia.

E’ una scoperta che fa compiere un passo avanti verso la comprensione delle dinamiche delle reazioni che avvengono nel nucleo della nostra stella.

“Borexino ha svelato i processi che alimentano il Sole” ha detto a Live Science, che ha pubblicato lo studio, Gioacchino Ranucci, Dirigente Tecnologo presso la sede di Milano dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ed esperto in fisica sperimentale del neutrino.

Nel nucleo del Sole si verificano due tipi di reazioni di fusione nucleare. Il primo, e il più comune, è la fusione protone-protone, in cui i protoni si fondono per trasformare l’idrogeno in elio. Gli scienziati ritengono che queste reazioni producano il 99% dell’energia del Sole.

La fusione protone-protone e il ciclo CNO creano diversi tipi di neutrini ma il 23 giugno, alla conferenza Neutrino 2020 gli scienziati che lavorano con Borexino hanno annunciato di aver scoperto per la prima volta due neutrini solari prodotti dal ciclo CNO. Borexino è stato progettato per studiare queste interazioni estremamente rare di neutrini.

Il rivelatore è composto da una sfera di nylon di 13,7 metri di diametro immersa in 2400 tonnellate di acqua ultra-pura.

E’ riempita da idrocarburi e contiene al suo interno un’ulteriore sfera di 8,5 metri di diametro, riempita di liquido scintillatore.

L’ “incredibile purezza”, ha spiegato Ranucci, ha garantito gran parte del successo dell’esperimento. Questo liquido è costituito da una particolare sostanza che emette luce quando entra in contatto con una particella carica, in questo caso i neutrini che rimbalzano sugli elettroni degli idrocarburi.

Dei sensori di fotoni permettono infine di rilevare la presenza dei neutrini che è probabile siano stati prodotti dal CNO. Borexino si trova sotto 1.400 metri di roccia che servono a schermare il rilevatore da tutte le altre particelle provenienti dallo spazio.

Il confronto tra l’osservazione del neutrino CNO e il numero di neutrini protone-protone contribuirà a rivelare quanta parte del Sole è costituita da elementi più pesanti dell’idrogeno come carbonio, azoto e ossigeno.

I risultati attuali, sebbene non ancora sottoposti a revisione da parte di altri scienziati e pubblicati su una rivista scientifica, hanno mostrato una rilevanza superiore a 5 sigma con un livello di attendibilità superiore al 99%.

Il che significa che su 3,5 milioni di probabilità ne esiste solo una che il segnale sia stato prodotto da fluttuazioni casuali invece che dal ciclo CNO.

La collaborazione internazionale di Borexino è composta da scienziati provenienti da Italia, Francia, Germania, Polonia, Russia e tre università degli Stati Uniti: Princeton, Virginia Tech e University of Massachusetts ad Amherst. (Fonte: science.com).

Gestione cookie