Il cervello umano più “lento” delle scimmie: ciò ha favorito il pensiero logico

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 21 Dicembre 2009 - 18:29| Aggiornato il 2 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

cervello_umanoL’evoluzione non si comporta come un progettista di computer, che punta alla velocità: nel caso del cervello lo sviluppo ha seguito una strada singolare che lo ha portato a diventare sempre più veloce fino allo scimpanzé, ma a rallentare nell’uomo per favorire funzioni più complesse e la nascita del pensiero logico.

La ricerca, coordinata da due italiani, è pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti, Pnas. «Potremmo dire che l’evoluzione preferisce i tempi lenti», ha osservato Roberto Caminiti, del dipartimento di Fisiologia e farmacologia dell’università di Roma La Sapienza, che ha coordinato lo studio con Giorgio Innocenti, dell’Istituto Karolinska di Stoccolma. Alla ricerca hanno partecipato inoltre Svezia, Svizzera, Germania e Stati Uniti.

Confrontando i cervelli di macaco, scimpanzé e uomo, i ricercatori hanno scoperto che in ognuna delle specie di primati, le cui linee evolutive si sono separate milioni di anni fa, i due emisferi comunicano tra loro con velocità differenti, a seconda della lunghezza e del diametro delle fibre nervose che li mettono in connessione. Più grosse e corte sono le fibre, più veloce è la conduzione delle informazioni; al contrario fibre sottili e lunghe comportano tempi di trasmissione più lenti. Nel passaggio evolutivo dal macaco allo scimpanzé, nel quale è avvenuto un aumento delle dimensioni del cervello, c’è stato anche un aumento della velocità. Ma contrariamente alle attese, nel passaggio dallo scimpanzé all’uomo non è avvenuta la stessa cosa.

Nel passaggio fra le due specie, spiega Caminiti, «la dimensione del cervello è aumentata enormemente e di conseguenza è aumentata la distanza tra i due emisferi, mentre il diametro delle fibre che mettono in connessione i due emisferi è rimasto invariato». In altre parole, rileva, «l’uomo moderno ha mantenuto un tipo di connessioni tra gli emisferi cerebrali appropriata per un cervello delle dimensioni di un nostro lontano antenato, l’Australopitecus».

L’evoluzione sembra, insomma, aver seguito una strada niente affatto intuitiva, ma forse il rallentamento era l’unica condizione possibile per garantire funzioni complesse come quelle tipiche del cervello umano. Tanto che i ricercatori hanno osservato che le aree sensoriali e motorie comunicano con maggiore velocità rispetto alle aree associative, comparse più tardi nell’evoluzione e ritenute responsabili delle funzioni più complesse della mente umana.