Come eri a 11 anni ti dice come invecchierà il tuo cervello: lo studio
Ma cosa determina questa differenza? Secondo Deary e il suo collega Simon Cox, la genetica ha un ruolo fondamentale. I ricercatori hanno utilizzato tecniche di imaging cerebrale avanzate per analizzare le strutture cerebrali dei partecipanti e hanno scoperto che alcune persone presentano delle variazioni nella salute del cervello già dai 50 anni in su. Questi dati suggeriscono che la struttura fisica del cervello, influenzata sia da fattori genetici che da abitudini di vita, giochi un ruolo chiave.
La metilazione del DNA, un processo chimico che altera l’espressione dei geni senza modificarne la sequenza, sembra essere associata al rischio di mortalità e di declino cognitivo. Il DNA di ciascuno di noi, quindi, potrebbe contenere informazioni rilevanti non solo su come si svilupperà il nostro cervello, ma anche sul rischio individuale di sviluppare condizioni come la demenza o altre malattie legate al deterioramento cognitivo.
Migliori punteggi cognitivi infantili e sopravvivenza: l’intelligenza come fattore protettivo
Un’altra scoperta importante di questo studio è che le persone che ottengono punteggi cognitivi più alti durante l’infanzia tendono ad avere una maggiore probabilità di vivere più a lungo. Questa correlazione tra intelligenza e longevità apre nuove riflessioni sulla relazione tra salute cognitiva e benessere fisico.
Una delle spiegazioni proposte dai ricercatori è che le persone con abilità cognitive più elevate in giovane età possano essere maggiormente propense a fare scelte di vita più salutari. Queste scelte, come seguire un’alimentazione equilibrata, praticare esercizio fisico regolare e astenersi dal fumo, hanno effetti positivi a lungo termine sulla salute, contribuendo a ridurre il rischio di patologie cardiovascolari e neurodegenerative. L’intelligenza infantile, quindi, potrebbe non solo indicare un potenziale cognitivo, ma anche un maggiore accesso a opportunità educative e professionali, che influenzano positivamente la qualità della vita.
Stili di vita e resilienza cognitiva: quali fattori influenzano il cervello in età avanzata?
Un aspetto che ha affascinato gli studiosi è la possibilità di influenzare il percorso cognitivo anche oltre la genetica. La resilienza cognitiva, ovvero la capacità del cervello di resistere al declino, sembra infatti dipendere anche da fattori esterni. Lo studio suggerisce che alcuni fattori di stile di vita come l’istruzione, le relazioni sociali e le attività cognitive svolte durante la vita potrebbero avere un effetto protettivo sul cervello.
In altre parole, sebbene la genetica e l’intelligenza infantile possano essere fondamentali, adottare buone abitudini per il benessere mentale e fisico può potenzialmente influire positivamente sulla salute cognitiva. La partecipazione a attività che stimolano il cervello, come leggere, apprendere nuove abilità e mantenere rapporti sociali attivi, può contribuire a mantenere la mente più giovane e a rallentare il declino cognitivo.
Implicazioni pratiche: è possibile influenzare il futuro del proprio cervello?
Lo studio scozzese invita a riflettere sul modo in cui affrontiamo l’invecchiamento e sulla possibilità di adottare strategie per preservare la salute mentale. Ad esempio, gli interventi nella mezza età potrebbero avere un impatto significativo sul futuro cognitivo: mantenere una vita sociale attiva, praticare esercizio fisico regolare e impegnarsi in attività che stimolino il cervello sono raccomandazioni valide per chi desidera prendersi cura della propria mente.
Uno degli obiettivi futuri degli scienziati è quello di approfondire come le capacità cognitive nella prima infanzia influenzino le scelte di stile di vita e quali interventi possano essere più efficaci per prevenire il declino cognitivo. Ian Deary sottolinea come molte delle cause del declino cognitivo che riteniamo essere inevitabili, in realtà potrebbero derivare da fattori che sono stati presenti sin dall’infanzia. Questo cambiamento di prospettiva potrebbe portare a un nuovo approccio nella prevenzione e nella gestione delle malattie neurodegenerative.