ROMA – Vi siete mai chiesti cosa si prova nel momento in cui si muore? I ricercatori dell’American Chemical Society ha cercato di dare una risposta a questa particolare domanda: nella loro ricerca spiegano come reagisce il nostro cervello davanti alla morte, che sia vissuta in prima persona o se invece la morte è vissuta in terza persona, magari guardando un film horror.
La prima emozione che si prova è la paura: una risposta cognitiva ci allerta quando ci troviamo in una condizione di difficoltà. Quando una persona si spaventa, viene attivato il talamo (una struttura del sistema nervoso centrale) che, come un centralino invia i segnali alle altre parti del cervello mentre nel corpo vengono rilasciate delle sostanze come il glucosio, il cortisolo e l’adrenalina. Contemporaneamente dall’ipotalamo vengono messe in moto le risposte fisiologiche corrispondenti alla reazione di difesa o di fuga, grazie alle quali ci si può difendere.
Una volta che il cervello si è spaventato, la persona comincia a gridare, questo perché le urla diversamente da quanto si pensa, non rappresentano una risposta del cervello dedicata al linguaggio (il lobo temporale), ma una conseguenza dell’attivazione dell’amigdala che, tra l’altro, innesca in chi ascolta una reazione simile a quella che vive la persona in pericolo, permettendogli di segnalare il pericolo.
Dopo le urla e la paura arriva il momento del dolore e della sofferenza. Quando si viene feriti, i nicocettori (terminazioni di neuroni sensoriali), inviano al talamo la segnalazione corrispondente al dolore, in modo tale che il cervello viene stimolato a inventarsi qualcosa per evitare che l’esperienza si ripeti. Se tutto ciò non avviene la conseguenza è la morte clinica. In questo caso il cervello rimane cosciente ancora per pochi istanti, entrando in quella che è stata chiamata “l’esperienza pre morte”, dopo la quale sopraggiunge la morte biologica.