OXFORD – Iniettate ad Oxford le prime dosi della soluzione che tutto il mondo attende: il primo vaccino contro il nuovo coronavirus.
Il trial clinico è stato messo a punto dai ricercatori dell‘Istituto Jenner dell’Università di Oxford in tandem con l’azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia: è il progetto più avanzato, al momento, tra quelli allo studio nei laboratori d’Europa.
In tutto sono poco più di mille i volontari reclutati, uomini e donne sani, di età compresa fra 18 e 55 anni.
Metà di loro sarà sottoposto agli effetti del prototipo ChAdOx1 nCoV-19, finora testato soltanto su animali; l’altra metà a un vaccino anti-meningite usato in funzione di placebo. E nessuno saprà in quale dei due gruppi sia capitato.
Tra loro c’è anche l’italiana Elisa Granato, ricercatrice e una delle prime due persone ad aver ricevuto l’iniezione. “Sono una scienziata – ha detto alla Bbc – quindi volevo provare a sostenere il processo scientifico, per quanto possa”.
Il team clinico che conduce la ricerca, noto per aver già elaborato a suo tempo il vaccino anti Ebola, è guidato dalla virologa Sarah Gilbert e arricchito tra l’altro dalla presenza di giovani scienziati italiani come il riminese Giacomo Gorini, già allievo di Roberto Burioni a Milano, o il ticinese Martino Bardelli.
I ricercatori hanno lavorato per tre mesi allo sviluppo di questo vaccino. “Personalmente ho un alto livello di fiducia in questo lavoro”, ha detto la professoressa Gilbert, dell’Istituto Jenner che ha guidato la ricerca pre-clinica.
Come percentuale, Gilbert afferma di essere “all’80 per cento fiduciosa” che il vaccino funzioni.
Il team, che aveva già sviluppato anche un vaccino contro il coronavirus responsabile della Mers, ha utilizzato una versione indebolita del comune virus del raffreddore preso dagli scimpanzé, modificato in modo che possa crescere negli umani.
Una volta verificato il funzionamento in questo primo campione, si passerà a un trial più ampio su 5mila persone nei prossimi mesi.
Lydia Guthrie, tra i volontari che hanno deciso di venire allo scoperto racconta a Bbc Radio 4 che i responsabili “sono stati molto chiari anche sul fatto che ciascuno di noi può ritirarsi in qualsiasi momento, laddove dovessimo cambiare idea”. Un epilogo che peraltro al momento lei si sente di poter escludere.
Un’avventura durante la quale la vita di Lydia dovrebbe restare immune da scossoni, a parte il tempo dedicato alla ricerca e qualche batticuore; per quanto nel rispetto delle restrizioni che il lockdown impone da diverse settimane pure nel Regno Unito, dove di passare a una Fase 2 il governo Johnson per ora non parla nemmeno.
“Da quel che ho capito – ha concluso Guthrie – mi verrà chiesto di andare avanti con la mia vita normale, naturalmente nel rispetto delle linee guida sulle regole del distanziamento sociale”. Sperando di poter contribuire a far diventare anche quelle solo un ricordo. (Fonti: Bbc, Ansa, Askanews).