
"Dire wolf", il metalupo del Trono di Spade resuscitato in laboratorio. De-estinto? Una chimera, piuttosto (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Prosegue l’opera di de-estinzione, cioè, come dire, il resuscitamento di animali ormai estinti dalla notte dei tempi di cui pure restano esigue tracce fossili quando non affidate a testimonianze che affondano nel mito.
L’ultimo de-estinto reintrodotto all’attualità biologica sarebbe il cosiddetto metalupo, estinto oltre 10mila anni fa e diventato celebre grazie alla serie tv Il Trono di Spade.
De-estinto “dire wolf”, il metalupo
Sarebbe, perché, pur avendo manto candido come la neve, denti più grandi e affilati più simili a delle zanne, questo “dire wolf” (il proto o il vero lupo potremmo anche tradurre) è, tecnicamente e alla lettera, una chimera.
La chimera, nel grande album dei miti sviluppatisi nell’antica Grecia, è un mostro leggendario che assembla in sè parti del corpo di diversi animali. La chimera in biologia designa l’incrocio di geni da specie distinte.
A farsi carico della cosiddetta de-estinzione l’azienda statunitense Colossal Biosciences, che poche settimane fa ha avvicinato anche il sogno di riportare in vita i mammut grazie alla nascita in laboratorio dei primi topi lanosi, geneticamente modificati per avere una pelliccia simile a quella di questi animali ormai estinti.
Tre cuccioli: Romulus, Remus e la femmina Khaleesi
Grazie al Dna estratto da resti antichi e a embrioni sviluppati in cani che hanno fatto da madri surrogate, tre cuccioli sono nati da tre gravidanze separate, tra ottobre 2024 e gennaio 2025: i due maschi, Romulus e Remus, e la femmina Khaleesi, che ora vivono in un’area protetta e tenuta segreta.

I tre cuccioli appartengono alla specie Aenocyon dirus, comunemente nota come enocione o ‘dire wolf’, vissuta tra 200mila e 10mila anni fa nelle Americhe e in Asia orientale. Si tratta di un lignaggio che si è separato dagli altri canidi molto presto, circa 5,7 milioni di anni fa, cosa che lo rende parente stretto dello sciacallo africano.
Avevano le dimensioni di un grosso lupo grigio odierno, con un peso che raggiungeva i 68 chilogrammi, ma denti più grandi e taglienti, capaci di cacciare e abbattere i grandi erbivori come bisonti e cavalli. I ricercatori della Colossal Biosciences hanno utilizzato il Dna estratto da due campioni: un dente di 13mila anni fa trovato in Ohio e un osso dell’orecchio di 72mila anni fa rinvenuto in Idaho.
Solitamente, la clonazione richiede di isolare una cellula del campione, estrarre il nucleo che contiene tutto il Dna e inserirlo in un ovulo privato del suo nucleo, a partire dal quale potrà poi svilupparsi l’embrione.
20 modifiche su 14 geni del comune lupo grigio
In questo caso, invece, come racconta il Time, è stato scelto un approccio differente: è stato sufficiente effettuare 20 modifiche su 14 geni del comune lupo grigio, e trasferire poi il genoma così modificato in un ovulo. Il risultato sono i tre cuccioli di pochi mesi, caratterizzati da mantello bianco, spalle più potenti, denti e mascelle più grandi, zampe più muscolose e un ululato caratteristico.
E’ questa compresenza del Dna di metalupo e di lupo grigio a sollevare le critiche di alcuni esperti, secondo i quali non sono state esattamente riportati in vita animali estinti.
“Sono piuttosto una sorta di chimera”, osserva l’esperto di Biologia dello sviluppo Carlo Alberto Redi, presidente del Comitato etica Fondazione Umberto Veronesi e membro dell’Accademia dei Lincei. “E’ senza dubbio un altissimo esercizio di ingegneria genetica, ma – osserva – si tratta di un animale nuovo. Ha le caratteristiche dell’animale estinto, ma non lo è”.
Sarebbe diverso, prosegue, se dai resti fossili i ricercatori avessero potuto estrarre l’intero genoma del metalupo, trasferito in un ovocita e fatto sviluppare fino a ottenere una gravidanza. Anche così, rileva Redi, è stato comunque “un altissimo esercizio di ingegneria genetica, che in futuro potrà essere utile, per esempio ingegnerizzare cellule finalizzate a terapie”.
La tigre della Tasmania, il dodo, il mammut
Quanto sia difficile la strada della de-estinzione lo dimostrano anche gli sforzi fatti finora dalla Colossal Biosciences per riportare in vita prima la tigre della Tasmania e poi il dodo, il grande uccello incapace di volare che popolava l’isola Mauritius e scomparso nel 1600 con l’arrivo dei colonizzatori europei, e ancora il mammut.
Quest’ultimo progetto ha portato finora a riprogrammare cellule della pelle di elefante fino a ottenere cellule staminali utili a studiare le modificazioni genetiche necessarie a riportare in vita i caratteri del mammut, e poi a ottenere i primi topi lanosi, geneticamente modificati per avere una folta pelliccia dorata simile a quella degli antichi colossi estinti.