MILANO – Per la prima volta gli embrioni umani sono stati modificati geneticamente con la tecnica Crispr e l’esperimento ha avuto successo. Gli scienziati degli Stati Uniti hanno raggiunto l’obiettivo che i colleghi cinesi inseguivano da mesi e sono riusciti a riscrivere il Dna dell’embrione umano proprio con la celebre tecnica. In particolare, gli scienziati della Oregon Health and Science University e dal Salk Institute for Biological Studies hanno cancellato in modo efficace e sicuro una malattia genetica ereditaria, la cardiomiopatia ipertrofica, dall’embrione a rischio.
Il risultato, anticipato da numerose indiscrezioni di stampa, è stato pubblicato ufficialmente su Nature e si deve alla collaborazione tra i ricercatori americani, cinesi e della Corea del Sud. Il team di esperti, guidato da Shoukhrat Mitalipov dell’università dell’Oregon, si è focalizzato sulla cardiomiopatia ipertrofica, una delle oltre 10.000 malattie ereditarie che sono causate da una mutazione in un singolo gene. In questo caso il problema nasce da un errore nel gene MYBPC3, localizzato sul cromosoma 11: basta che una sola delle due copie del gene sia mutata perché la malattia si manifesti.
Ciascun individuo portatore della mutazione ha il 50% di possibilità di trasmetterla alla prole. Per bloccare questa ‘catena’, i ricercatori hanno pensato di usare la tecnica che ‘taglia-incolla’ il Dna durante la fecondazione in vitro, fatta con ovuli sani e spermatozoi portatori della mutazione. Le ‘forbici’ molecolari della Crispr hanno dimostrato di saper tagliare in modo preciso ed efficace il gene mutato, che poi è stato prontamente riparato dalle cellule dello zigote usando il gene sano come stampo.
Impiegando la tecnica Crispr nelle primissime fasi della fecondazione, si è riusciti a correggere la mutazione in tutte le cellule dell’embrione, evitando il pericoloso fenomeno del mosaicismo in cui alcune cellule sono corrette mentre altre restano malate.
Il risultato, sottolineano i ricercatori, è stato ottenuto senza generare alcuna mutazione inattesa e nel pieno rispetto delle regole etiche, con lo sviluppo degli embrioni bloccato dopo tre giorni. La tecnica è ancora lungi dall’essere applicata nella pratica clinica, ma se ulteriori studi ne confermeranno la sicurezza e l’efficacia, potrebbe diventare un’arma in più (insieme alla fecondazione artificiale e alla diagnosi pre-impianto) per aiutare le coppie con malattie genetiche ereditarie ad avere figli sani.