Epidemia San Cipriano uccideva 5mila al giorno. 250 d.c. vaiolo più morbillo

L'epidemia di San Cipriano, quella che uccideva 5mila persone al giorno a Roma
L’epidemia di San Cipriano, quella che uccideva 5mila persone al giorno a Roma

PALERMO – Un’epidemia di vaiolo o di morbillo che solo a Roma è arrivata a uccidere 5mila persone al giorno. E che ha colpito tutta l’Europa meridionale e parte dell’Africa, compreso l’Egitto dei faraoni.

Epidemia così violenta che Cipriano (Cartagine, 210 – Sesti, 14 settembre 258), vescovo di Cartagine e scrittore poi proclamato santo la descrisse come la fine del Mondo. Il mondo non è finito ma il povero Cipriano ha visto quella peste per sempre associata al suo nome visto che quell’epidemia è sui libri di storia la “epidemia di San Cipriano”.

Ora, dopo oltre quindici anni di scavi in Egitto, nel complesso funerario di Harwa e Akhimenru, a Luxor, gli archeologi hanno trovato tracce dell’epidemia anche nella terra dei faraoni.  Le prove sono oggetti e resti umani di individui probabilmente vittime di vaiolo o di morbillo.

Il ritrovamento rappresenta di fatto  l’unica testimonianza archeologica della terribile epidemia. La scoperta ha consentito di ricostruire la modalità di smaltimento dei cadaveri adottata per fare fronte al dilagare della epidemia di San Cipriano che sconvolse l’Impero Romano tra il 251 e il 270 d.C e che arrivò a mietere 5.000 vittime al giorno nella sola Roma.

Per le ricerche gli studiosi si sono serviti anche di una importante fonte: i testi ritrovati di San Cipriano, vescovo di Cartagine e scrittore, che descrisse quell’epidemia come la fine del mondo. Nel corso degli scavi ed in seguito a numerose e lunghe comparazioni svolte nei complessi funerari di Harwa e Akhimenru, Tiradritti ha individuato alcune sepolture con caratteristiche insolite: diversi corpi erano stati coperti con uno spesso strato di calce, un materiale adoperato in antichità per la sterilizzazione dei luoghi infetti.

Nelle vicinanze dei luoghi delle sepolture sono state rinvenute anche delle fornaci che servivano per la preparazione della calce ed i resti di una grande pira nella quale sono state riscontrate diverse tracce di resti umani bruciati. Questi elementi lasciano presumere che le sepolture individuate dalla missione italiana costituiscano, in realtà, una sorta di fossa comune allestita per fronteggiare un’epidemia.

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