Eternal reef: dopo la morte, farsi coralli

Si può fare, in Italia no. Tecnicamente si può fare e qualcuno, pochissimi in verità, già l’hanno fatto: morire e farsi dopo la morte coralli.

Ceneri, mare e calcestruzzo

Si muore, purtroppo maledettamente purtroppo si muore. Per il proprio corpo senza vita c’è chi sceglie l’inumazione (esser sepolti) e chi la cremazione (essere ceneri). Le ceneri di chi si è fatto cremare spesso i parenti le disperdono in una sorta di comunione laica con la natura, quasi sempre la dispersione è in mare. Invece che disperse, le ceneri del corpo che siamo stati possono essere mescolate e impastate con calcestruzzo fino a formare una palla di circa due metri di diametro e 250 chili di peso. La palla calata in mare diventa la casa, il campo, l’habitat dove crescono e ricrescono i coralli e altra susseguente vita marina.

Lasciare una traccia

Lasciare una traccia di sé dopo la morte, indelebile allo scorrere del tempo: da sempre è il bisogno tanto primario quanto sostanzialmente insoddisfatto. Sopravvivere in qualche modo alla propria morte, cioè scindere il concetto di morte da quello di fine e rendere così accettabile e non definitivo quello che è inaccettabile e definitivo, cioè morire. Il mestiere e la ragion d’essere delle religioni: promettere che no, non si finisce quando si muore. E anche l’impegno e la fatica e la ricerca delle arti, della filosofia. Anche la scienza a suo modo si cimenta con questa insopprimibile, inesauribile voglia di una qualche immortalità che nulla può soddisfare davvero. Farsi in qualche modo coralli, fare delle proprie ceneri l’habitat di una nuova vita marina non è certo una risposta, però è una elegante suggestione. Non priva di una qualche utilità marginale e tutt’altro che priva di stile e buon gusto nel che fare del proprio corpo morto.

Gestione cookie