Etna, lo sciame sismico rallenta la risalita del magma: eruzione meno forte del previsto

ROMA – Lo sciame sismico che si è verificato durante l’ultima eruzione del vulcano Etna dello scorso 24 dicembre 2018 ha rallentato la risalita del magma, tanto da limitare l’entità dell’eruzione stessa. Un nuovo studio dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, INGV, ritiene che lo sciame sismico abbia accumulato in una sorgente a circa 5 chilometri di profondità il magma.

Alessandro Bonforte, ricercatore INGV e co-autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Terra Nova, ha spiegato in un comunicato: “L’eruzione dell’Etna della vigilia di Natale ha rappresentato un fenomeno piuttosto particolare. Infatti, pur non essendo stato un evento particolarmente significativo, ha fatto registrare un’intensa attività sismica che ha preceduto e accompagnato l’evento per giorni, anche dopo la fine dell’attività eruttiva”.

La fessura eruttiva aperta il 24 dicembre si è propagata dal cratere di Sud-Est fin nella Valle del Bove e da lì è scaturita una colata alimentata fino al 27 dicembre, mentre i fenomeni esplosivi si erano già esauriti poche ore dopo l’inizio. L’attività sismica, che ha accompagnato l’eruzione, ha attivato tutte le faglie che interessano i fianchi del vulcano, con migliaia di terremoti registrati non solo in area sommitale dove si è aperta la frattura ma anche lungo le faglie di Ragalna, della Pernicana e di Trecastagni. L’evento di maggiore entità, di magnitudo 4.9, si è verificato il 26 dicembre lungo il sistema di faglie di Fiandaca-Pennisi.

I ricercatori hanno utilizzato i dati forniti dalle immagini satellitari acquisite dai satelliti Sentinel 1A e 1B dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), equipaggiati con un particolare sistema detto SAR (Synthetic Aperture Radar). Le immagini hanno permesso di misurare la deformazione del suolo etneo tra il 22 e il 28 dicembre, con il vulcano diviso in due lobi aventi movimento opposto.

Bonforte ha poi spiegato: “Tale deformazione è stata causata da un’importante risalita di magma dal profondo e ha favorito una frattura radiale rispetto ai crateri sommitali che ha invece drenato del magma già residente, che stazionava nei condotti appena sotto la superficie, al di sotto del cratere di Sud-Est. La ben più consistente massa di magma in risalita si è invece fermata al di sotto del vulcano, circa al livello del mare. L’eruzione osservata in superficie sarebbe stata quindi solamente un “effetto collaterale”, rispetto a quella che si stava preparando. L’ipotesi avanzata nel nostro studio è che a bloccare la risalita del magma dalle profondità sia stata proprio la grande energia dissipata nello sciame sismico. Naturalmente questa ipotesi richiede ulteriori calcoli basati su analisi approfondite dei dati del monitoraggio multidisciplinare dell’INGV per poter essere verificata e perfezionata”.

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