ROMA – “Prima gli italiani” recitavano alcuni manifesti elettorali della Lega e, più in generale, era questo il rumore di fondo di una determinata parte politica. Peccato che gli italiani non esistano. Non esistono e non esistiamo come popolo che presuppone un’uniformità genetica perché siamo, in realtà, una zuppa di geni. Un melting pot vecchio di qualche migliaio di anni che ci vede divisi, tra l’altro, non secondo la direttrice Nord-Sud che tutti immaginerebbero ma secondo un’altra linea che taglia la penisola dividendola più che altro tra Est ed Ovest.
Gli italiani, quindi, altri non sono che quelli che hanno il passaporto della nostra Repubblica e con lui la cittadinanza, a prescindere dai geni. Lo studio, che più che tagliare le gambe al concetto molto demagogico del ‘prima gli italiani’ ci racconta invece una storia di popoli che si sono incontrati, mischiati e anche scontrati, arriva da un lavoro commissionato dalla National Geographic Society su scala mondiale. Uno studio che mira a comprendere meglio la storia degli spostamenti e delle migrazioni umane attraverso lo studio del Dna. E così, nel nostro Paese, attraverso la collaborazione con i centri di donazione del sangue, sono stati raccolti 3mila campioni.
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Campioni di soggetti che dovevano avere come caratteristica quella di avere i 4 nonni nati tutti nella stessa provincia. Così, seguendo il cromosoma Y che si tramanda per via paterna e il Dna mitocondriale, che al contrario si trasmette per via materna, è stato confermato quello che in realtà già si sapeva. E cioè che noi italiani, complice la posizione geografica della nostra Penisola, siamo il risultato di un minestrone di genti e di geni che dagli etruschi ai barbari, dagli arabi ai greci passando per i normanni e i fenici arriva sino ai giorni nostri.
“Abbiamo identità genetiche differenti, legate a storie e provenienze diverse e non solo a quelle” spiega Davide Pettener, antropologo del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, che ha lavorato alla mappatura degli italiani insieme a Donata Luiselli del Dipartimento di Beni Culturali di Ravenna.
Ma dallo studio è venuta anche qualche sorpresa, in primis quella che la divisione degli italiani tra ‘polentoni’ e ‘terroni’ è solo uno stereotipo anche sotto il profilo delle caratteristiche fisiche. “Dal punto di vista del cromosoma Y (linea paterna) – spiega ancora Pettener a Luigi Ripamonti sul Corriere della Sera -, emerge, a parte la Sardegna, un’Italia divisa secondo una linea più longitudinale, che separa una zona nord-occidentale da una sud-orientale. Ciò non si osserva però con il Dna mitocondriale (linea materna), che ha una distribuzione più omogenea, spiegabile con la maggiore mobilità femminile legata a pratiche matrimoniali che prevedevano lo spostamento della donna”.
Nella zuppa di geni che fa di noi quello che siamo intervengono poi anche ingredienti ‘casalinghi’. E cioè quelle caratteristiche figlie dell’adattamento. A sottolinearlo è un altro studio coordinato dal gruppo di Antropologia Molecolare e Adattamento Umano del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali (BiGeA) dell’Università di Bologna.
“L’evoluzione delle popolazioni dell’Italia settentrionale è stata condizionata da un clima freddo, che ha reso necessaria una dieta molto calorica e grassa” spiega Marco Sazzini, ricercatore del BiGeA. “La selezione naturale ha favorito in queste popolazioni la diffusione di varianti genetiche in grado di modulare il metabolismo di trigliceridi e colesterolo e la sensibilità all’insulina, riducendo il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete. Clima diverso e contributo genetico di altre popolazioni mediterranee hanno fatto sì che gli abitanti dell’Italia centro-meridionale mantenessero più diffusamente varianti genetiche responsabili di una maggiore vulnerabilità a tali malattie”.