Che Gesù Cristo, Yehoshua ben Yosef, non fosse con ogni probabilità biondo essendo nato nell’attuale Betlemme è un fatto che, iconografia a parte, sembra essere ormai accettato. Ma c’è un altro errore nella carta d’identità del figlio di Dio, un errore decisamente più grave e gravido di conseguenze: la data di nascita e quella di morte non sono corrette.
Il classico segreto di Pulcinella visto che gli studiosi, e anche il Vaticano, sanno benissimo che così è e, al massimo, si discute su quando collocare esattamente nascita e morte del ‘Re dei Giudei’. Non aveva 33 anni quando fu crocifisso, non nacque il 25 dicembre e non venne al mondo 2021 anni fa.
Quello che tutti o quasi diamo per scontato, e cioè che Gesù vide la luce nell’anno che consideriamo l’anno 0 e che venne giustiziato 33 anni dopo, non è vero. Colpa di racconti tramandati, calcoli sbagliati e di una matematica ancora approssimativa.
Quando è nato Gesù? La vera data di nascita
Partiamo dalla data di nascita. I quattro Vangeli, le ‘biografie’ di Gesù, non indicano né questa né la data di morte del Cristo. Sappiamo però da fonti storiche certe e provate che Erode, il re di Giudea, avendo saputo della nascita di un bambino che si annunciava come ‘Re dei Giudei’ e che ordinò che tutti i piccoli dai 2 anni in giù fossero per questo giustiziati, morì nell’anno che secondo la datazione corrente corrisponde al 4 avanti Cristo.
Quindi Gesù non può essere nato più tardi e anzi la datazione più accreditata per la sua genesi è fissata tra il 6 e il 7 avanti Cristo.
Poi la data di morte. Quella considerata più probabile è fissata al 7 aprile dell’anno 30, con un Gesù quindi 36 o 37enne e non 33enne. Errore, quello sulla data di morte, figlio del primo errore, quello sulla nascita.
Il calcolo sulla data di morte di Gesù seguendo il Vangelo secondo Giovanni
Seguendo la cronologia del Vangelo di Giovanni, che appare la più corretta, Gesù e i discepoli si riuniscono per l’Ultima Cena la sera del giovedì, all’inizio del 14 di Nisan, il giorno di preparazione della Pasqua nel rituale ebraico.
Il calendario ebraico calcola il ciclo lunare e la data della Pesach non è in un giorno fisso della settimana, come la domenica per la Pasqua cristiana. La Pasqua ebraica quell’anno cadeva di sabato. Considerato che Gesù è morto dopo i trent’anni, le date possibili sono soltanto due, corrispondenti ai due anni intorno al terzo decennio dopo Cristo nei quali Pesach era di sabato: 30 o 33.
Quando ancora non ci si era accorti dell’errore nel calcolare la nascita, si è optato per il 33 pensando che il 30 Gesù sarebbe stato troppo giovane. Ma ricalcolando la data di nascita, il 33 risulta invece troppo in là, con Gesù che avrebbe avuto 40 anni o poco meno mentre, più precisa, risulta la datazione che fissa la crocifissione all’anno 30, con un Gesù di 36 o 37 anni.
Di chi è la colpa del calcolo sbagliato dell’età di Gesù?
Ma com’è possibile che ci si sia sbagliati sulla nascita? La colpa va con ogni probabilità ascritta ad monaco non a tutti noto ma che condiziona la nostra vita da sempre, a partire dalla data che legiamo sul nostro certificato di nascita.
Dionigi il Piccolo, l’uomo che cinque secoli dopo la morte di Gesù propose di calcolare gli anni non dalla fondazione di Roma, ma dalla nascita di Gesù Cristo. Ad incolparlo anche San Giovanni Paolo II che, durante un’udienza generale del mercoledì, il 14 gennaio 1987, riconobbe: “Per quanto riguarda la data precisa della nascita di Gesù, i pareri degli esperti non sono concordi. Si ammette comunemente che il monaco Dionigi il Piccolo sia caduto in errore”.
L’errore di traduzione di Dionigi il Piccolo
Un errore banale, di traduzione dal greco antico, lingua dalle mille sfumature come sanno bene gli studenti di ieri e di oggi, ma che letteralmente fa sentire la sua eco nei millenni.
“Nel quindicesimo anno di governo di Tiberio Cesare”, Giovanni comincia a battezzare nel Giordano. Gesù lo raggiunge, viene battezzato e comincia il suo ministero pubblico, si legge nel versetto 23 del Vangelo di Luca, l’indicazione cronologica più precisa dei Vangeli, quando archómenos hosèi etôn triákonta, aveva “circa” (hosèi) trent’anni.
Dionigi tradusse come se fossero trent’anni o quasi trent’anni, secondo le interpretazioni, e in base alla cronologia romana di Tiberio calcolò come data di nascita il 25 dicembre del 753 dalla fondazione di Roma, fissando come anno 1 dell’era cristiana il 754. Sbagliava.
In greco l’espressione “osei eton triakonta” indica un trentenne, non trent’anni precisi: e infatti, calcolano gli studiosi, Giovanni Battista inizia a battezzare nella regione del Giordano tra la fine dell’anno 27 e l’inizio del 28, e a quel tempo Gesù avrebbe avuto trentatré o trentaquattro anni. Il 25 dicembre poi, com’è noto, altro non è che la cooptazione di un’antica festa pagana, il ‘il sol invictus’, il sole invitto, festività legata al riallungarsi delle giornate, all’aumentare delle ore di luce che inizia proprio in quel periodo dell’anno successivo al solstizio d’inverno.
A complicare la faccenda, e a far ballare un altro anno, la mancanza dello 0. Il concetto di 0 arrivò infatti in Europa dopo il lavoro di Dionigi il Piccolo, circa 7 secoli dopo, quando nel 1202 fu introdotto in Occidente dal Liber abbaci del grande matematico pisano Leonardo Fibonacci. Quindi, nel conto, balla un altro anno, perché nel calcolo fatto da Dionigi si passa direttamente dall’1 avanti Cristo all’1 dopo Cristo.