Uno studio italiano pubblicato sulla rivista Pnas ha evidenziato che i bambini già dai tre anni sono capaci di comprendere le intenzioni degli altri, grazie ai neuroni specchio. Questi neuroni, scoperti nel 1992 da Giacomo Rizzolatti e colleghi, si attivano sia quando un individuo esegue un’azione che quando ne osserva un’altra eseguirla. Questa capacità di “specchiarsi” negli altri consente di anticipare le intenzioni altrui e di reagire di conseguenza, sia che si tratti di azioni benevole che minacciose.
Nello studio, i ricercatori hanno valutato la capacità dei bambini in età prescolare di comprendere l’intento di una sequenza di azioni di un individuo. Hanno misurato l’attivazione del muscolo miloioideo, coinvolto nell’apertura della bocca, mentre i bambini afferravano un boccone di cibo. L’attivazione di questo muscolo è iniziata diversi millisecondi prima che l’azione fosse completata, indicando una pianificazione anticipata dell’azione con uno scopo definito. Questo muscolo non si è attivato quando i bambini afferravano della carta, suggerendo che la differenza nell’attivazione del muscolo può riflettere la comprensione delle intenzioni motorie altrui attraverso i neuroni specchio.
Tuttavia, è stato osservato che l’attivazione del muscolo miloioideo è più lenta nei bambini più piccoli, di età prescolare (3-5 anni), rispetto ai bambini più grandi (6-9 anni), indicando che la capacità di comprendere le intenzioni motorie è in via di sviluppo nei primi anni di vita.
Un aspetto significativo dello studio è il potenziale utilizzo di queste scoperte per la diagnosi precoce dei bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD). La comprensione delle intenzioni altrui è fondamentale per lo sviluppo delle competenze sociali, e una valutazione delle capacità di comprensione delle intenzioni potrebbe essere utilizzata per identificare precocemente eventuali deficit nelle abilità sociali nei bambini.
Gli studi sui neuroni specchio nei bambini evidenziano un importante sviluppo delle capacità sociali e cognitive durante l’infanzia, con implicazioni potenzialmente significative per l’intervento precoce e la diagnosi dei disturbi dello sviluppo.