Dall’inizio dell’era spaziale, l’approccio all’uso dei satelliti è stato dominato da una cultura dell’ “usa e getta”, simile a quella delle plastiche negli oceani. Lo afferma Nick Shave, direttore di Astroscale UK, un’azienda con sede in Giappone che si occupa di servizi in orbita. All’inizio lanciati con prudenza, i satelliti si sono moltiplicati velocemente: dai primi del 1957 fino agli attuali 6.000 in orbita nel 2022, con stime che prevedono un totale di 60.000 satelliti entro il 2030. Guardando il cielo, è facile vedere Starlink, la “megacostellazione” di SpaceX che fornisce internet globale. Tuttavia, la regolamentazione dell’attività spaziale è limitata e risale principalmente al Trattato sullo Spazio Extra-atmosferico dell’ONU del 1967.
In orbita ci sono ora enormi quantità di detriti spaziali. Secondo l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), i detriti tracciati superano i 37.000 pezzi superiori a 10 cm e oltre un milione tra 1 e 10 cm, letali e impossibili da monitorare. John Janka, responsabile delle relazioni governative di Viasat, spiega: “Questi detriti non sono visibili, né evitabili, né schermabili per i satelliti attuali”. Inoltre, il fenomeno noto come “effetto Kessler”, teorizzato dal NASA scientist Donald J. Kessler, sostiene che più aumentano i satelliti, maggiori sono le probabilità di collisioni e frammentazioni, causando uno scenario di cascata di detriti fino a rendere inutilizzabile un’intera orbita.
Per gestire i rischi, i satelliti possono essere manovrati per evitare collisioni. SpaceX, ad esempio, gestisce i suoi Starlink con manovre di evitamento. Tuttavia, come osserva Hugh Lewis, professore di astronautica, questo riduce solo parzialmente il rischio, e manovrare migliaia di satelliti moltiplica le probabilità di incidenti. La complessità aumenta anche con l’aumento della dimensione e della massa dei satelliti, poiché più sono grandi, maggiore è la possibilità di collisioni e detriti generati.
Una gestione sostenibile dell’orbita terrestre richiede collaborazione e standardizzazione tra i paesi. Secondo Ian Christensen della Secure World Foundation, i principali operatori di costellazioni come Starlink hanno adottato standard di manovra elevati, ma la sfida è coordinare tutte le nazioni coinvolte. Le ONG come Earth Space Sustainability Initiative (ESSI) sostengono l’uso di sistemi interoperabili per migliorare la condivisione dei dati tra i satelliti, standardizzare le tecnologie e ridurre il numero di hardware necessario.
Progetti di “rimozione attiva dei detriti”, come il Cosmic di Astroscale per rimuovere i satelliti dismessi, potrebbero rappresentare un passo importante. Tuttavia, come sottolinea Shave, occorre regolare l’accesso all’orbita per evitare una “tragedia dei beni comuni”. Anche se fermare i lanci non è praticabile, regolamentazioni migliori e sistemi standardizzati potrebbero essere fondamentali per preservare l’uso dello spazio per le generazioni future.