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I sette continenti del mondo: come erano 500 anni fa, cambieranno ancora?

di Caterina Galloni |7 Aprile 2022 13:12

I sette continenti del mondo: come erano 500 anni fa, cambieranno ancora? FOTO ANSA

Potrebbe sembrare che i sette continenti del mondo siano inamovibili ma secondo Richard Fisher, astronomo del National Radio Astronomy Observatory (NRAO), in arrivo ci sono grandi cambiamenti. Come ricorda la BBC quasi 500 anni fa, il cartografo fiammingo Gerardus Mercator realizzò una delle mappe più importanti del mondo. Non è stato il primo tentativo di un atlante mondiale, e non era nemmeno particolarmente accurato. L’Australia è assente e le Americhe sono disegnate solo approssimativamente. Da allora, i cartografi hanno prodotto versioni sempre più precise di questa disposizione continentale, correggendo gli errori di Mercator. Nonché i pregiudizi tra emisferi e latitudini creati dalla sua proiezione.

I sette continenti del mondo

Ma la mappa di Mercator, insieme ad altre prodotte dai contemporanei del XVI secolo, ha rivelato un quadro globale delle masse continentali della Terra. Quello che Mercator non sapeva è che i continenti non sono sempre stati disposti in questo modo. Visse circa 400 anni prima che fosse confermata la teoria della tettonica delle placche. Quando su una mappa si osservano le posizioni dei sette continenti è facile presumere che siano fisse ma dal punto di vista terrestre sono come foglie che galleggiano su uno stagno. 

I sette continenti un tempo erano riuniti in un’unica massa, un supercontinente chiamato Pangea. E prima ancora, ci sono prove di altri che risalgono a oltre tre miliardi di anni: Pannotia, Rodinia, Columbia/Nuna, Kenorland e Ur. I geologi sanno che i supercontinenti si disperdono e si assemblano in cicli: attualmente siamo nella metà.
Che tipo di supercontinente potrebbe crearsi in futuro? In che modo le masse continentali così come le conosciamo si riorganizzeranno a lunghissimo termine?  Davanti ci sono almeno quattro diverse traiettorie e mostrano che gli esseri viventi della Terra un giorno risiederanno su un pianeta molto diverso.

Cosa dicono i geologi e il ruolo dei terremoti

Per il geologo Joao Duarte dell’Università di Lisbona, il percorso per esplorare i futuri supercontinenti della Terra iniziò con un evento accaduto in passato: un terremoto che colpì il Portogallo un sabato mattina del novembre 1755. 
Fu tra i terremoti più potenti degli ultimi 250 anni , morirono 60.000 persone e scatenò uno tsunami nell’Oceano Atlantico.  Ciò che lo rendeva particolarmente bizzarro era la sua posizione. “Un fatto strano. Non dovrebbero esserci grandi terremoti nell’Atlantico”, dice Duarte.  Terremoti di questa portata di solito si verificano sopra o vicino alle principali zone di subduzione, dove le placche oceaniche si tuffano sotto i continenti e si sciolgono e si consumano nel mantello caldo. Implicano collisioni e distruzione.

Il terremoto del 1755, tuttavia, avvenne lungo un confine “passivo”, dove la placca oceanica sottostante l’Atlantico passa dolcemente ai continenti dell’Europa e dell’Africa. Nel 2016, Duarte e colleghi hanno proposto una teoria su cosa potrebbe accadere: i punti di sutura tra queste lastre potrebbero disfarsi e comportare una grave rottura. “Potrebbe essere come il vetro che si scheggia tra due piccoli fori nel parabrezza di un’auto”.  In tal caso, una zona di subduzione potrebbe essere pronta a estendersi dal Mediterraneo lungo l’Africa occidentale e forse fino oltre l’Irlanda e il Regno Unito, portando in queste aree vulcani, montagne e terremoti. Duarte si rese conto che, se ciò accadesse, potrebbe portare alla chiusura dell’Atlantico.  E se anche il Pacifico continuasse a chiudersi, cosa che sta già avvenendo lungo l'”Anello di Fuoco” , alla fine si formerebbe un nuovo supercontinente. Lo chiamò Aurica perché al suo centro si sarebbero trovate le ex masse continentali dell’Australia e delle Americhe.

Cosa accadrà?

Tuttavia, in futuro potrebbero verificarsi anche eventi geologici che porteranno a disposizioni diverse. La teoria chiamata “Orthoversion”, sostiene che quando un supercontinente si disgrega, i continenti cominciano inizialmente ad allontanarsi per poi rimanere intrappolati all’interno di una banda di subduzione, nella quale una placca si abbassa sotto un’altra. Tra 250 milioni di anni potrebbe esserci la formazione di un nuovo supercontinente al quale è stato dato il nome provvisorio di Amasia, nome composto da America del nord e Asia orientale.

 Tuttavia, come spiega Fisher, ciò che si può dire con certezza è che le masse continentali che diamo per scontate, un giorno si riorganizzeranno in una configurazione completamente nuova. I paesi una volta isolati l’uno dall’altro saranno vicini. E se la Terra ospiterà ancora esseri intelligenti, potranno viaggiare tra le antiche rovine di New York, Pechino, Sydney e Londra senza mai vedere un oceano.

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