Ibernazione e sospensione criogenica: così la scienza (e Google) sognano la immortalità

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Immortalità nel futuro: così gli scienziati progettano di vincere la morte

SAN FRANCISCO – Vivere oltre la morte, anzi, annullare la morte, diventare eterni “sarà possibile entro pochi anni”. La scienza sta facendo enormi progressi e un articolo pubblicato da Larry Getten sul New York Post dà i brividi.

Il racconto ritorna indietro degli anni, al 12 gennaio 1967. James Bedford, professore di psicologia al Glendale College in California morto di cancro, è stato la prima persona al mondo ad essere ibernata attraverso una tecnica controversa chiamata anche sospensione criogenica: il corpo viene portato a meno -96° entro mezz’ora dal decesso, con la speranza che in futuro le nuove conoscenze permettano di “rinascere” e curare le malattie di cui le persone soffrivano al momento dell’ibernazione.

Secondo il libro di Michael Shermer “Heavens on Earth: the Scientific Search for the Afterlife, Immortality, and Utopia” edito da Holt, in uscita oggi, Bedford non è stato il primo né sarà l’ultimo a tentare di sconfiggere la morte.

Con i progressi scientifici che si susseguono a ritmo esponenziale, alcuni ritengono che il Tristo Mietitore presto potrebbe essere eliminato. Tre i modi a cui gli scienziati stanno lavorando per ottenere l’immortalità: sono così vicini al successo che si stupirebbe persino Bedford, se mai si sveglierà, scrive Getten.

Il primo è la sospensione criogenica, come detto sopra, per cui teoricamente la persona successivamente potrà essere scongelata e curata. La scienza considera un corpo correttamente conservato solo se potrà essere rianimato con i ricordi intatti.

Attualmente, l’ibernazione “vetrifica” il cervello, lo trasforma in una sostanza simile al vetro. “Il neuroscienziato della Caltech, Christof Koch, sostiene che sarebbe “assolutamente incredibile” se questo cambiamento nella chimica del cervello non distruggesse le sinapsi che contengono ricordi, scrive Shermer nel suo libro.

Un importante paladino della crioconservazione è Ralph Merkle, membro del consiglio di amministrazione della struttura criogenica di Alcor Life Extension Foundation in Arizona. Dopo aver eseguito la prima crioconservazione umana nel 1976, Alcor attualmente nella struttura ospita 153 pazienti deceduti congelati, tra cui Bedford, e quasi 1.000 persone hanno preso accordi per essere ibernati quando moriranno. Tra Alcor e il Cryonics Institute di Clinton Township, Michigan, negli Usa, ci sono almeno 290 persone ibernate.

Merkle, 65 anni, sostiene che i critici della sospensione criogenica sono come quelli che nel 1900 ritenevano impossibile raggiungere la Luna. “Dire che la tecnologia da oggi a 100 o 200 anni non sarà in grado di far riportare in vita chi è ibernato, è fare delle affermazioni inconoscibili su ciò che invece potrebbe accadere in futuro”, ha detto Merkle al Post.

Lui insiste che le attuali tecniche di congelamento siano in grado di preservare la memoria, sostiene che la “vetrificazione” conserva in modo eccellente le sinapsi e che gli esperimenti con i nematodi, chiamati anche vermi cilindrici, hanno dimostrato la conservazione della memoria dopo il risveglio dall’ibernazione.

Merkle ritiene che nei prossimi decenni la tecnologia consentirà di effettuare delle “riparazioni” sui corpi mentre sono congelati, in modo che al risveglio sia scomparso qualunque difetto o disturbo.  “In futuro la tecnologia sarà in grado di intervenire su una struttura danneggiata del cervello, analizzarla e recuperare le informazioni e, a quel punto, sarà possibile ripristinare la struttura danneggiata con la memoria e il contenuto delle informazioni intatti”.

Alcuni ritengono che un giorno vita umana e tecnologia si fonderanno; il Singolaritanismo prevede che l’intelligenza artificiale si fonderà, sorpasserà o sostituirà quella umana. Il primo “evangelizzatore” della filosofia morale è lo scienziato e futurologo Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google, convinto sostenitore dell’intelligenza artificiale, pioniere nei campi del riconoscimento ottico dei caratteri, nel text-to-speech, nelle tecnologie sul riconoscimento del parlato e degli strumenti da tastiera elettronici.

Mentre la tecnologia continua ad accelerare, Kurzweil ritiene che raggiungeremo un punto in cui “il mondo cambierà più in un decennio che in mille secoli, e mentre l’accelerazione continua e raggiungiamo la singolarità, il mondo cambierà in un anno più che in tutta la storia pre-singolarità”, scrive Shermer. “Quando accadrà, gli umani raggiungeranno l’immortalità”.

Autore del libro “La singolarità è vicina”, Kurzweil ha spiegato la sua visione dell’estensione della vita in un’intervista rilasciata a Playboy nel 2016 e citata nel libro di Shermer. “Entro il 2030 avremo nanobot che viaggeranno nel corpo per curarci; verranno inseriti nel cervello in modo non invasivo attraverso i capillari, in modo tale da connetterlo al Cloud Computing”, la nuvola informatica, l’insieme delle tecnologie che permettono l’archiviazione, memorizzazione ed elaborazione di dati grazie alla distribuzione in rete di hardware e/o software.

Nel momento in cui il Cloud verrà caricato nella neocorteccia, i servizi del colosso di Mountain View saranno in grado di connettersi direttamente con i nostri pensieri e offrirci le risposte che cerchiamo in tempo reale. Ormai ci stiamo sempre più avvicinando a quella che Kurzweil definisce “The Singularity”, ovvero la totale fusione tra uomo e macchina.

Non solo i nanorobot ci daranno una maggiore potenza cerebrale, ma ci renderanno anche più sani e prolungheranno la vita, sostiene Kurzweil. “I nanobot nel sangue distruggeranno gli agenti patogeni, rimuoveranno i detriti, libereranno i nostri corpi da coaguli e tumori, correggeranno i difetti del DNA e invertiranno il processo di invecchiamento, probabilmente intorno al 2029″.

I sostenitori del “mind uploading” vanno oltre Kurzweil: sostengono che non ci sarà bisogno di avere un corpo o un cervello per esistere, poiché in futuro la coscienza umana vivrà su un computer. La chiave per caricare il cervello è il connettoma, una mappa completa delle connessioni neurali del cervello che eguaglia la somma totale della funzione cerebrale. Gli scienziati attualmente stanno cercando di capire come assemblare e preservare il connettoma di un cervello. Una volta raggiunto, saranno teoricamente in grado di scaricare la mente cosciente di un essere umano.

La Brain Preservation Foundation, del cui comitato consultivo fa parte Shermer, ha annunciato un premio per le aziende che riusciranno a capire come preservare il cervello e, per estensione, il connettoma. Nel 2016, la 21st Century Medicine a Fontana, in California, ha ricevuto il premio per la conservazione del cervello di piccoli mammiferi dopo aver congelato il cervello di un coniglio morto a temperature ancora più fredde della vetrificazione e scongelato per mostrare “la conservazione dell’ultrastruttura cerebrale sufficiente a stabilire che il “connettoma o la totalità di tutte le connessioni sinaptiche delle cellule cerebrali può essere preservata per almeno 100 anni”.

La scoperta ha fatto guadagnare loro poco meno di 27.000 dollari, l’altro 75%, circa 108.000 dollari, andrà alla primo team che riuscirà a “conservare con successo un cervello animale di grandi dimensioni così da poter essere adattato agli esseri umani”.

Per congelare il coniglio, la 21st Century Medicine ha usato una nuova tecnica chiamata “criopreservazione stabilizzata con aldeidi” che apre “la barriera ematoencefalica e consente al crioprotettore di entrare nel cervello senza causare contrazioni del cervello”. Utilizzando lo stesso processo, l’azienda ha conservato anche diversi cervelli di maiali e ne ha presentato uno da prendere in considerazione per il premio sui mammiferi.

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