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Il buco dell’ozono quest’anno si è aperto in ritardo a causa del clima

Quest’anno l’apertura del buco dell’ozono sopra il Polo Sud è iniziata più tardi rispetto alla media storica, secondo quanto riportato dal servizio europeo di monitoraggio atmosferico Copernicus. Questo annuncio coincide con la Giornata internazionale per la conservazione dello strato di ozono, che svolge un ruolo cruciale nel proteggerci dai raggi ultravioletti dannosi per il DNA e che aumentano il rischio di tumori della pelle.

Dettagli sul buco dell’ozono

Il buco dell’ozono antartico si sviluppa ogni anno durante la primavera dell’emisfero meridionale, con inizio solitamente a metà-fine agosto e chiusura verso la fine di novembre. Tuttavia, nel 2024, questo processo ha subito un ritardo, principalmente a causa di interruzioni nel vortice polare, a seguito di due episodi di riscaldamento stratosferico avvenuti a luglio. I cambiamenti nelle temperature e nei modelli di vento nella stratosfera hanno contribuito a questo ritardo.

Superficie del buco

Il 13 settembre, l’area totale del buco dell’ozono era di 18,48 milioni di chilometri quadrati, risultando più piccola rispetto agli anni precedenti. In confronto, il 16 settembre 2023 era stata registrata un’area di 26 milioni di chilometri quadrati. Questa diminuzione è in linea con i dati forniti dal NOAA e dalla NASA, che hanno indicato un’area di 18,63 milioni di km² il 14 settembre.

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Il buco dell’ozono quest’anno si è aperto in ritardo a causa del clima (foto ANSA) – Blitz quotidiano

Fattori di formazione

Secondo Laurence Rouil, direttore del Servizio di monitoraggio dell’atmosfera Copernicus (CAMS), vari fattori influenzano la formazione del buco dell’ozono, dai vulcani ai cambiamenti climatici. Tuttavia, le sostanze antropogeniche, come i clorofluorocarburi (CFC), hanno un impatto diretto e significativo sulla riduzione dello strato di ozono. Il Protocollo di Montreal, firmato nel 1987, ha vietato l’uso di CFC, contribuendo alla ripresa dello strato di ozono, con segni di recupero attesi nei prossimi quarant’anni.

Impatti e impegni futuri

Senza il Protocollo di Montreal, alcuni studi indicano che entro il 2070 la temperatura media globale potrebbe aumentare di oltre 2 gradi Celsius a causa dei CFC e di altri gas nocivi. L’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e l’Università di Urbino partecipano attivamente alla ricerca sui composti dannosi per l’ozono attraverso un programma pluridecennale, contribuendo così alla salvaguardia dello strato di ozono.

 

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