Quest’anno il buco dell’ozono sopra il Polo Sud della Terra copre quasi 20 milioni di chilometri quadrati, un’area pari a circa tre volte quella degli Stati Uniti continentali. Questo valore evidenzia la persistenza del fenomeno, ma allo stesso tempo dimostra i significativi progressi nei progetti globali di recupero ambientale. Il massimo dell’estensione del buco è stato raggiunto il 28 settembre, quando ha toccato i 22,4 milioni di chilometri quadrati, un valore definito dai ricercatori come relativamente contenuto rispetto alle misurazioni storiche.
La fascia di ozono è uno scudo atmosferico fondamentale che protegge la Terra dai raggi ultravioletti (UV) nocivi. Quando l’ozono si riduce, come nelle zone del buco, aumenta il rischio di esposizione ai raggi UV, con conseguenze come un incremento dei casi di tumore alla pelle, danni alle colture agricole e deterioramento di ecosistemi sensibili. La riduzione di quest’anno colloca il buco dell’ozono al settimo posto tra i più piccoli dal 1992, anno di avvio del recupero grazie al Protocollo di Montreal.
Secondo Paul Newman, capo del team di ricerca sull’ozono della NASA, il buco dell’ozono del 2024 risulta inferiore rispetto a quelli osservati nei primi anni 2000, evidenziando un miglioramento costante negli ultimi due decenni. Questo risultato è stato reso possibile dall’adozione del Protocollo di Montreal, un accordo internazionale firmato nel 1987 per eliminare i composti chimici che distruggono l’ozono. In base al protocollo, i Paesi firmatari si sono impegnati a sostituire gradualmente i clorofluorocarburi (CFC) e altre sostanze dannose per l’ambiente con alternative ecologiche entro il 2010.
I clorofluorocarburi, principali responsabili della riduzione dello strato di ozono, erano comunemente impiegati nei refrigeranti per frigoriferi e condizionatori d’aria, oltre che nelle bombolette spray per prodotti come lacca per capelli e deodoranti. Anche la produzione di schiume isolanti e alcuni sistemi antincendio industriali emettevano CFC, che si accumulavano nella stratosfera e contribuivano a distruggere l’ozono. Entro la metà degli anni ’80, la fascia di ozono era fortemente ridotta, rendendo quasi priva di ozono gran parte della stratosfera antartica in ottobre.
Sebbene i risultati del 2024 siano incoraggianti, Stephen Montzka del Global Monitoring Laboratory della NOAA ha ricordato che la fascia di ozono è ancora lontana da una guarigione completa. I ricercatori monitorano continuamente l’ozono attraverso sofisticati strumenti satellitari come Aura della NASA e i satelliti NOAA-20 e Suomi NPP, oltre a dati raccolti da palloni meteorologici lanciati dal South Pole Baseline Atmospheric Observatory, che ha registrato la concentrazione di ozono più bassa di 109 unità Dobson il 5 ottobre.
Se le attuali tendenze di recupero continueranno, gli scienziati prevedono che la fascia di ozono potrebbe tornare alla normalità entro il 2066. Questo traguardo rappresenterebbe un’importante vittoria per la cooperazione internazionale e l’innovazione scientifica, dimostrando come accordi globali e misure condivise possano portare a un recupero ambientale significativo. Il successo del Protocollo di Montreal evidenzia l’importanza di politiche globali unite per affrontare problemi ecologici di vasta portata e proteggere la salute del pianeta e delle generazioni future.
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