I modelli climatici utilizzati fino ad oggi potrebbero aver sottostimato i rischi per una delle correnti oceaniche più importanti del pianeta: il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (AMOC). Questa corrente funziona come un vero e proprio “fiume sottomarino”, trasportando le calde acque tropicali verso nord e le fredde e saline acque artiche verso sud. Tuttavia, uno studio condotto da due ricercatori della University of New South Wales di Sydney suggerisce che il sistema stia rallentando più rapidamente del previsto. La causa principale sarebbe l’enorme quantità di acqua dolce introdotta negli oceani a causa dello scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia, un fattore che non è stato adeguatamente considerato nei modelli climatici precedenti.
L’AMOC è parte integrante della complessa rete di correnti oceaniche globali, alimentate dalle differenze di calore e salinità delle acque a diverse latitudini. Questa corrente gioca un ruolo fondamentale nel mantenere l’equilibrio climatico in molte aree dell’emisfero settentrionale. Se dovesse rallentare significativamente o fermarsi del tutto, le conseguenze sarebbero drammatiche. Tra i potenziali effetti ci sarebbero un drastico abbassamento delle temperature in Europa, in particolare nelle regioni settentrionali, e profondi cambiamenti nei regimi delle piogge, come lo stravolgimento dei monsoni asiatici.
Diversi studi basati su osservazioni dirette e serie storiche hanno già evidenziato un rallentamento dell’AMOC legato ai cambiamenti climatici indotti dall’uomo. Tuttavia, i principali modelli climatici utilizzati finora non hanno rispecchiato queste evidenze, spingendo il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) a dichiarare “estremamente improbabile” un collasso della corrente nel prossimo secolo.
Per risolvere questa discrepanza, i ricercatori della University of New South Wales hanno migliorato la precisione dei modelli climatici. Hanno posto particolare attenzione agli effetti dell’acqua dolce derivante dallo scioglimento dei ghiacciai groenlandesi e artici, che altera la salinità delle acque nell’Atlantico settentrionale, influenzando direttamente il funzionamento dell’AMOC.
Lo studio, pubblicato su Nature Geoscience, rivela che il rallentamento della corrente è già in corso e potrebbe accelerare nei prossimi anni. Secondo le simulazioni, l’AMOC potrebbe ridursi di un terzo entro i prossimi 15 anni, aumentando il rischio di un collasso totale entro la fine del secolo. Questo scenario è molto più preoccupante rispetto alle stime dell’IPCC.
“Negli ultimi 70 anni, la circolazione oceanica si è indebolita a causa dell’acqua dolce proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia e del Canada artico”, ha spiegato Gabriel Pontes, co-autore dello studio, in un’intervista al New Scientist. “Questo fenomeno porterà a un indebolimento ancora più rapido rispetto a quanto previsto dall’IPCC”.
Se confermati, questi risultati rappresentano un campanello d’allarme per la comunità scientifica e per i governi, indicando la necessità di rivedere le attuali strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici. Il rallentamento o il collasso dell’AMOC potrebbe generare effetti a cascata su scala globale, stravolgendo ecosistemi e comunità umane.
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